Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 30 agosto 2024, n. 561

di Benedetta Cargnel | 30 Agosto 2024
Rassegna di Giurisprudenza 30 agosto 2024, n. 561

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato per aver prelevato beni aziendali per uso personale.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva l’utilizzo probatorio del verbale di conciliazione sottoscritto da terzi, valutato dai giudici d’appello alla stregua di una prova atipica, sottoposta al contradditorio delle parti, è stato corretto. Invero, nel vigente ordinamento processuale, mancando una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, in quanto idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se non smentite dal raffronto critico, che tuttavia è riservato al giudice di merito. In particolare, gli scritti provenienti da terzi, pur non avendo efficacia di prova testimoniale, né di prova piena, sono rimessi alla libera valutazione del giudice del merito, e possono, in concomitanza con altre circostanze desumibili dalla stessa natura della controversia, fornire utili elementi di convincimento  senza che ne derivi la violazione del principio di cui all'art. 101 c.p.c., atteso che, sebbene raccolte al di fuori del processo, il contraddittorio si instaura con la produzione in giudizio.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
La Corte d’Appello rigetta il ricorso del lavoratore per cassazione, confermando l'utilizzo probatorio del verbale di conciliazione sottoscritto da terzi.