La normativa sull’impresa familiare ha carattere residuale e ha lo scopo di evitare l’attrazione nel lavoro gratuito della prestazione stabilmente resa dal soggetto legato all’imprenditore individuale da affectio maritalis: su queste basi, con Sentenza 25 luglio 2024 n. 148, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina introdotta ad hoc dalla Legge Cirinnà per l’attività resa dal "convivente di fatto" nell’impresa del convivente (art. 230 ter c.c.) in quanto peggiorativa rispetto a quella prevista dall’art. 230 bis c.c. e, allo stesso tempo, ha riconosciuto come il convivente more uxorio debba essere incluso nel novero dei "famigliari" di cui al comma terzo della disposizione citata.
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