Elemento essenziale del contratto di lavoro è l’indicazione del luogo della prestazione lavorativa. Difatti, è fatto obbligo, al datore, all’atto di assunzione, di comunicare al lavoratore dipendente, il luogo di lavoro, ovvero, in mancanza di un luogo fisso o predominante, l’indicazione che egli verrà occupato in luoghi diversi.
Tuttavia, rientra tra i poteri organizzativi e direttivi del datore stesso comandare al lavoratore di prestare la propria opera, temporaneamente, in un luogo diverso da quello in cui viene abitualmente eseguita.
Il verificarsi della suddetta situazione, dunque, configura l’istituto della trasferta, a cui consegue l’applicazione di un particolare trattamento economico, fiscale e contributivo. Qualora, invece, la variazione del luogo di lavoro avvenga a titolo definitivo, si sarà in presenza di trasferimento.
Sul punto, con la pubblicazione, in data 22 ottobre 2016, del D.L. n. 193/2016 , in materia di determinazione del reddito dei lavoratori dipendenti che svolgono occasionalmente o abitualmente la loro attività fuori dalla sede di lavoro, viene sancita la definizione di lavoratore “trasfertista” al fine della corretta imposizione e applicazione del regime fiscale a cui sottoporre le eventuali maggiorazioni o indennità erogate.
Alla luce del recente webinar sul tema delle trasferte e del trasfertismo, dunque, rispondiamo ora alle domande proposte.
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