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LAVORO SUBORDINATO

Decreto Dignità: l’inapplicabilità nel contratto a chiamata a tempo determinato

Disciplina del lavoro intermittente e novità introdotte dal Decreto Dignità

di Francesco Geria - LaborTre Studio Associato | 2 Settembre 2019
Decreto Dignità: l’inapplicabilità nel contratto a chiamata a tempo determinato

In seguito all’entrata in vigore del Decreto Dignità, D.L. 12 Luglio 2018, n. 87, convertito in Legge 9 agosto 2018, n. 96, la disciplina dei contratti a termine, nel nostro ordinamento, è stata ampiamente modificata, con l’introduzione di rigidi limiti temporali e sostanziali.

Nel dettaglio, il provvedimento ha disposto la possibilità di poter procedere alla stipula di un rapporto a tempo determinato per un tempo non superiore a 12 mesi, salva l’estensione sino a 24 mesi in caso di specifiche condizioni individuate dalla normativa. Inoltre, non è possibile effettuare più di quattro proroghe dello stesso contratto e apponendo, nei casi di rinnovo, una causale, indipendentemente dalla durata del rapporto che non potrà mai eccedere il limite di 24 mesi.

Posta, dunque, la profonda revisione dell’assetto dei contratti a termine, ci si chiede se le disposizioni del Decreto Dignità e del contratto a termine siano da applicarsi anche alla fattispecie dei rapporti a chiamata a tempo determinato, in assenza di uno specifico riferimento da parte della normativa.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il contratto di lavoro intermittente viene disciplinato dagli artt. da 13 a 18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 e non è soggetto alle stesse regole dei contratti a tempo determinato dopo le modifiche apportate dal Decreto Dignità.