Gli studi associati composti da professionisti iscritti alle Casse di Previdenza non possono fruire del contributo a fondo perduto previsto dall'art. 25 del decreto “Rilancio” (D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modifiche dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77): lo ha confermato l'Agenzia delle Entrate con la Circolare 21 luglio 2020, n. 22/E, contenente ulteriori chiarimenti sull'ambito applicativo della misura.
Sono invece ammesse le persone fisiche che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo, oppure siano titolari di reddito agrario, che contestualmente possiedono lo status di lavoratore dipendente, fermi restando gli altri requisiti previsti dalla norma.
Il documento di prassi in commento – che va ad integrare la Circolare 13 giugno 2020, n. 15/E- precisa inoltre che i consorzi tra imprese, riconducibili ai soggetti di cui all’art. 73 del Tuir, non possono fruire del contributo a fondo perduto a causa “della peculiare natura di tali soggetti, che si limitano ad operare il ribaltamento dei costi/proventi percepiti alle imprese che ne fanno parte”. Queste ultime, invece, sono ammesse.
Nel caso in cui un soggetto eserciti attività d’impresa (o sia titolare di reddito agrario) e contestualmente rientri in una delle categorie di esclusione prevista dall'art. 25, comma 2 , del decreto “Rilancio”, egli può comunque fruire del contributo a fondo perduto esclusivamente in relazione alle attività ammesse al contributo stesso, fermo restando il rispetto degli ulteriori requisiti previsti.
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