L'Ufficio ritiene di avere provato la partecipazione del commercialista alla gestione della società e la sua consapevolezza dell'attività illecita posta in essere attraverso la società interposta.
Il ragionamento presuntivo deve essere condotto secondo il modello atomistico-analitico, che prevede il rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante e la successiva valutazione congiunta, complessiva e globale, degli stessi, da compiersi alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale e concordanza (Cass. ord. 27 giugno 2023, n. 18327).
In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi.
Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. ord. 21 ottobre 2021, n. 29402; Cass. ord. 12 aprile 2018, n. 9059; Cass. sent. 16 maggio 2017, n. 12002; Cass. ord. 2 marzo 2017, n. 5374).
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