Commento
DECRETO “RILANCIO”, AGEVOLAZIONI

Credito d'imposta affitti, fondo perduto, credito d'imposta sanificazione e indennità Covid-19 per iscritti alla gestione separata: gli ultimi chiarimenti

di Sandra Pennacini | 2 Settembre 2020
Credito d'imposta affitti, fondo perduto, credito d'imposta sanificazione e indennità Covid-19 per iscritti alla gestione separata: gli ultimi chiarimenti

Con circolare n. 25/E, diramata il 20 agosto, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta a fornire ulteriori (e talora tardivi) chiarimenti su numerosi aspetti connessi al c.d. Decreto “Rilancio”, D.L. n. 34/2020, al tempo stesso uniformando la trattazione con le ulteriori novità introdotte dal Decreto "Agosto”, D.L. n. 104/2020.
Andiamo nel seguito a fornire un breve sunto di quelli di maggiore interesse relativamente a credito imposta affitti, contributo a fondo perduto, credito d’imposta sanificazione e indennità INPS 1.000 euro relativa al mese di maggio richiesta da contribuenti in regime contabile forfetario.

Premessa

In premessa occorre evidenziare come la circolare n. 25/E, emanata in data 20 agosto 2020, risulti, relativamente a taluni aspetti, “postuma”, fornendo ad esempio ulteriori chiarimenti relativi al contributo a fondo perduto, il cui termine di presentazione è scaduto il 13 agosto 2020.

La conseguenza è quella di rimettere in gioco valutazioni/comportamenti già tenuti, e sul punto è bene ricordare che - nonostante negli anni la “rilevanza” delle circolari sia cresciuta sempre più - si tratta pur sempre di interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate, come tali, in punta di diritto, non certo sufficienti a superare le norme.

Detto questo, passiamo a fornire una breve visione d’insieme delle principali disposizioni, estromettendo dalla presente trattazione le questioni connesse all’IRAP, ben più corpose, e già oggetto di separata trattazione (si veda "IRAP: l’indicazione in dichiarazione dell’aiuto di Stato e il recupero del credito 2018 inutilizzato").

Credito imposta affitti per immobile ad uso abitativo utilizzato nell’esercizio dell’attività

Tra i chiarimenti di maggiore interessa, per un’ampia categoria di contribuenti, vi è quello di cui al quesito 1.3.2.che seppure partendo da una domanda posta nel limitato ambito dei bed and breakfast, risulta utile essere applicabile a numerose casistiche.

Come noto, l’art. 28 del D.L. n. 34/2020 riconosce un credito d’imposta, pari al 60% del canone di locazione - leasing - concessione di immobili ad uso non abitativo - pagati nel 2020 - destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

Tale credito d’imposta spetta nel rispetto di precisi limiti dimensionali, connessi all’ammontare dei ricavi/compensi conseguiti nell’esercizio precedente - fatte salve alcune specifiche attività - e a condizione che nel mese di riferimento sia avvenuto un calo del fatturato/corrispettivi di almeno il 50% rispetto al medesimo mese dell’anno precedente. Il credito d’imposta scende al 20% nel caso in cui l’immobile sia facente parte di un contratto a prestazioni complesse o di un contratto di affitto d’azienda.

I mesi interessati sono, per la generalità dei contribuenti, quelli di marzo (salvo che si sia già goduto del credito botteghe e negozi art. 65, D.L. n. 18/2020), aprile e maggio, mentre con il D.L. n. 104/2020  la misura è stata estesa anche a giugno.

Per le strutture turistico ricettive con attività esclusivamente stagionale, i mesi interessati sono invece aprile, maggio e giugno, estesi con il D.L. n. 104/2020  anche al mese di luglio.

Il quesito 1.3.2. risulta essere, come si è detto, di particolare rilievo poiché chiarisce definitivamente, in linea con la ratio della norma, che il credito d’imposta spetta anche laddove l’immobile risulti essere ad uso abitativo, purché esclusivamente impiegato nell’esercizio dell’attività.

Il caso sottoposto all’Agenzia è quello di un B&B - esercitato con partita IVA - che loca un immobile ad uso residenziale per esercitare la propria attività.

Sul punto l’Agenzia precisa che il credito d’imposta affitti spetta, anche nel caso di immobili accatastati come abitativi, purché gli immobili stessi siano utilizzati per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

Per analogia, il credito d’imposta spetta anche, per esempio, al centro estetico che eserciti la propria attività in un alloggio condotto in locazione, spesso accatastati in categoria abitativa (A2, A3 ecc.), così come al professionista che lochi la stessa tipologia di immobili (e dunque non si sia eventualmente provveduto al riaccatastamento come A10).

Di fatto, la categoria dell’immobile ad uso abitativo viene superata dall’effettiva destinazione dell’immobile.

Consorzi e contributo a fondo perduto

Il chiarimento fornito dal quesito 1.2.2. fornisce, a scadenza abbondantemente passata, un chiarimento ulteriore relativo al rapporto tra contributo a fondo perduto (art. 25, D.L. n. 34/2020) e consorzi.

Sul punto viene precisato che se con la circolare n. 22/E era già stato chiarito che i consorzi che si limitano a “ribaltare” costi e proventi sulle imprese consorziati non potevano richiedere il CFP, al fine di evitare la duplicazione del beneficio (in capo al consorzio ed in capo alle imprese consorziate), viceversa i consorzi aventi anche attività esterna potevano, esercitando almeno in parte una “normale” attività imprenditoriale, accedere al contributo stesso.

La conclusione dell’Agenzia, condivisibile, potrebbe comunque generare alcune problematiche poiché la lettura sistematica delle indicazioni porta l’Agenzia stessa a concludere che il consorzio con anche attività esterna che acceda al CFP deve tenere conto nella determinazione della soglia di ricavi dell’esercizio precedente e nella valutazione dello scostamento richiesto in termini di calo di fatturato/corrispettivi delle sole operazioni che si riferiscono all’attività esterna posta in essere.

La circolare, comunque, ricorda che le sanzioni li eventuali errori compiuti in condizione di incertezza della norma (art. 10, comma 3, Legge n. 212/2000) non sono dovute.
In queste circostanze l’indebita percezione di un CFP in misura superiore a quella spettante può essere regolarizzata restituendo il contributo non dovuto, maggiorato di interessi al tasso del 4%, ma in assenza di sanzioni.

Indennità Covid-19 iscritti alla gestione separata in regime forfetario

Il quesito 2.1.1. è, della circolare, il passaggio che lascia le maggiori perplessità; anzi, si può affermare che non sia affatto condivisibile.

Ricordando che per l’accesso all’indennità Covid-19 prevista per l’ammontare di 1.000 euro, con riferimento al mese di maggio, per i professionisti iscritti all’INPS gestione separata che siano incorsi in un calo reddituale di almeno il 33% nel secondo bimestre 2020 rispetto al medesimo periodo 2019 (art. 84, comma 2, D.L. n. 34/2020) vengono richiesti chiarimenti in merito alla determinazione reddituale cui sopra da parte dei professionisti in regime forfetario.

A parere dell’Agenzia quando previsto dalla norma relativa all’indennità Covid-19 è l’unico e solo criterio di determinazione reddituale specificatamente applicabile alla casistica, pertanto anche i contribuenti in regime forfetario dovrebbero, per la verifica reddituale in oggetto, considerare il reddito secondo il principio di cassa, come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento, senza poter quindi tener conto dei soli onorari incassati nettizzati della quota di costi forfetariamente riconosciuta.

È di tutta evidenza che quanto affermato strida fortemente con la natura stessa del regime forfetario, che certamente non impone di contabilizzare le spese (bensì solo di conservare i giustificativi di acquisto) e men che meno di tenere traccia dei flussi finanziari relativi ai costi. Ancora più “alieno” suona il riferimento alle quote di ammortamento.

Anche in questo caso il “chiarimento”, che meglio sarebbe definire come nuova fonte di confusione, giunge altresì tardivo, poiché moltissime istanze sono già state presentate ed addirittura liquidate. Certo è che si tratta di questione che potrebbe originare contenzioso in seguito.

Credito imposta sanificazione e acquisto dispositivi di protezione

Con riferimento al credito d’imposta previsto dall’art. 125 del D.L. n. 34/2020, relativo alle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti di lavoro e l’acquisto di dispositivi di protezione atti a combattere la diffusione del Covid-19, si ricorda che il 7 settembre 2020 scade il termine per la presentazione dell’istanza.

Il credito d’imposta spetta “teoricamente” nella misura del 60%, ma dovrà confrontarsi con le somme stanziate, e non è improbabile che si procederà a riparto.

I chiarimenti forniti dalla circolare riguardano:

  • Quesito 3.2.1., relativo alle spese sostenute per la sanificazione dei locali: le spese sostenute devono essere certificate da operatori professionali. Con ciò si intende che la certificazione deve essere predisposta dal soggetto che ha eseguito la sanificazione in coerenza con quanto disposto dai protocolli di regolamentazione vigenti in materia di contenimento del Covid, dichiarandole pertanto come finalizzate ad eliminare o ridurre a quantità non significative il virus.

Per poter vantare il credito d’imposta relativamente alle spese sostenute per la sanificazione dei locali sono dunque elementi entrambi essenziali il fatto che la sanificazione stessa sia stata effettuata da un operatore professionale, e che tale operatore rilasci apposita certificazione che attesti che ciò che è stato posto in essere sia conforme a quanto richiesto dai Protocolli e dunque abbia comportato l’eliminazione o la riduzione a quantità non significative del Covid-19.

  • Quesito 3.2.2., relativo alle spese sostenute per l’impianto di condizionamento: rientrano nel beneficio del credito d’imposta solo le spese “straordinarie” sostenute per manutenzioni/migliorie dell’impianto di condizionamento ai fini del contenimento Covid-19, e non le spese correnti che si sarebbero sostenute anche in assenza di emergenza epidemiologica.

Non rientrano nel credito d’imposta sanificazione le operazioni di ordinaria pulizia dell’impianto di condizionamento, mentre sono agevolabili le spese sostenute per aumentare la capacità filtrante della funzione di ricircolo, ad esempio attraverso la sostituzione dei filtri esistente con filtri di classe superiore.

Riferimenti normativi:

Questo documento fa parte del FocusCoronavirus