Premessa
La semplificazione fiscale è ormai realtà. E i professionisti devono prenderne atto. Il cambiamento è imposto dal legislatore, spinto da precise linee politiche di contrasto all’evasione fiscale sotto la pressione dell’Unione Europea. Quindi non ci sarà nessuna marcia indietro o battute di arresto.
Già nelle primissime fasi dell’introduzione della “digitalizzazione fiscale” si è chiaramente percepito che ciò che ci si presentava davanti era un vero e proprio cambiamento radicale, quello che in economia si può definire un salto evolutivo tecnologico.
A breve sarebbe venuto a mancare quello che per molti professionisti rappresenta la prima fonte di guadagno, vale a dire la gestione della contabilità e la produzione dei relativi dichiarativi fiscali. In effetti, oggi, la fatturazione elettronica e l’importazione automatica nei software gestionali della prima nota direttamente dagli estratti conti bancari sono ormai una realtà quotidiana.
Questo miglioramento tecnologico permetterà ad alcuni clienti di autogestirsi la contabilità o di rivolgersi per l’elaborazione dei dati verso soggetti in concorrenza ai professionisti, quali, ad esempio, le banche o i centri di elaborazione dei dati. Nel frattempo, probabilmente molti professionisti perderanno quote di mercato e saranno progressivamente obbligati a ridurre i prezzi su queste ultime tipologie di servizi pur di mantenere i clienti.
Strategie per essere protagonisti del cambiamento
Per affrontare questo mutamento epocale occorre definire una precisa strategia. Non è sufficiente attendere un assestamento del mercato.
In altri termini, ci troviamo di fronte ad una situazione simile a quando le imprese constatano che il loro prodotto di punta sta perdendo progressivamente mercato e che, senza misure straordinarie, l’azienda rischia di entrare in crisi a causa di competitors che immettono un prodotto qualitativamente simile a prezzi inferiori.
Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di focalizzare le cose da non fare: non subire il cambiamento, non farsi sommergere dal quotidiano senza trovare il tempo di ripensare le strategie, non farsi trovare impreparati alla crisi, non lasciare che il cliente decida per noi, ecc.
Il secondo passo è quello di costruire un vero e proprio piano di azione, con l’obiettivo di stabilire quali nuovi servizi offrire e quali abbandonare progressivamente (anche attraverso un approfondimento del mercato in cui si opera e l’individuazione di potenziali nuove aree di intervento), quali cambiamenti organizzativi interni apportare e quali attività già esistenti consolidare.
Una buona strategia per diventare protagonisti del cambiamento potrebbe essere quella di individuare quale sia la tipologia di organizzazione di studio più adeguata. Puntare su uno studio “generalista” piuttosto che “iper-specializzato” è una scelta importante e altrettanto complicata, ma necessaria in questo momento più che mai.
Che tipologia di organizzazione di studio scegliere?
Nel corso del Convegno organizzato dal CNDCEC il 21 novembre scorso dal titolo “Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali” è emerso come competenze, digitalizzazione e aggregazione siano fondamentali per lo sviluppo futuro della professione.
Secondo quanto è stato evidenziato, il fatto che ci si organizzi condividendo expertise e clienti rende più semplice un aumento di fatturati e redditività per i professionisti aderenti, in rapporto a quanto avviene agli studi che mantengono una propria individualità.
Inoltre, come è stato osservato nel corso del Convegno, “lo studio individuale rischia di essere emarginato in un mercato dove la competenza non dura più 30 anni, come accadeva negli anni ’80, ma dura mediamente 5 anni”.
La semplice aggregazione non è tuttavia sufficiente. Ciò che è di estrema importanza è il sottostante l’aggregazione: scegliere le regole di condivisione di spazi, lavoro, consulenza incrociata; riconoscere le rispettive expertise, costruirsi la fiducia reciproca, creare un clima favorevole alla crescita.
Sono tutti concetti non scontati che si sommano ai vincoli che ciascuno studio porta con sé:
- il luogo di lavoro è idoneo all’aggregazione o viceversa?
- si hanno dei vincoli di spostamento?
- la clientela è concentrata in una determinata area geografica?
- si è investito nell’attività e si hanno mutui in corso che vincolano nella libertà di movimento?
- esistono dei dipendenti e/o collaboratori con contratti di lavoro rigidi e che rappresentano quindi un primo ostacolo al cambiamento?
Gli spunti citati possono costituire una prima analisi che permetta a ciascuno di verificare lo stato dell’arte della propria organizzazione. Dai risultati che emergeranno si potrà cominciare a fare delle congetture su quale evoluzione positiva intraprendere per il futuro.
Studio generalista o studio specializzato
Le possibilità sono molteplici, per citarne i due più rappresentativi:
a) puntare su uno studio “generalista”: con questa locuzione non si intende uno studio che si occupa di tutto un po’, ma piuttosto un pool di professionisti o collaboratori che gestiscono in semi-autonomia le differenti divisioni di servizi offerti: ad esempio ci sarà chi si occupa di contabilità e controllo di gestione, chi di fiscalità, chi di marchi e brevetti, chi di operazioni straordinarie, chi di edilizia, chi di enti del terzo settore, per citare solo alcuni esempi.
In questo caso l’organizzazione dello studio potrebbe essere di tipo divisionale per quanto riguarda i singoli settori di specializzazione,con l’accentramento di alcune aree strategiche tra le quali:
- capo progetto sul cliente (non si può prescinderne, a rischio di inefficienza) che segua tutti gli aspetti dei servizi da offrire;
- prima analisi congiunta del caso-progetto;
- comunicazione verso l’esterno con il coordinamento nel dare le informative che arrivano da ciascuna area;
- servizi amministrativi e generali dello studio;
- procedure standard e controlli periodici sulla qualità percepita per ogni singola divisione;
- re-call del cliente post-servizio per verificarne il gradimento.
Occorreranno sistemi pianificati di formazione degli addetti delle divisioni in modo da essere una struttura costantemente aggiornata.
I punti di forza di questa tipologia sono la possibilità di sfruttare le economie di scala e di fornire al cliente un servizio completo, evitando che venga captato da altre realtà che forniscono un servizio non offerto dallo studio. Si andrebbe inoltre incontro ad un progressivo abbattimento dei costi fissi dovuti all’incremento dei fatturati per clienti.
I punti critici in questa tipologia di organizzazione riguardano essenzialmente il team: si tratta di una tipologia di struttura con controllo a maglie “larghe” e quindi è necessario che la fiducia tra gli operatori delle singole divisioni sia massima e che vi sia un leader che faccia da collante tra le differenti expertise e che quindi si informi su tutti i settori facenti parte delle divisioni: un vero e proprio connettore umano. Di grandissimo aiuto i nuovi sistemi tecnologici evoluti di controllo di avanzamento attività, di gestione agende condivise, di gestione progetti, l’utilizzo di procedure da controllo qualità, ecc.
b) puntare su uno studio “iper-specializzato”: una altrettanto valida alternativa può essere rappresentata dalla scelta di essere specialisti su determinati argomenti: in questo caso tutto lo studio sarà improntato sulla massima espressione dell’area scelta e tutto ruoterà intorno alla stessa.
Solitamente questo genere di studio prende le basi dall’expertise del titolare o dall’esperienza maturata nel tempo e che poi è divenuta il core-business. È difficile improvvisarsi “specialisti in”, in quanto l’eccellenza in un settore si acquisisce con il mix di esperienze e conoscenza acquisiti con il tempo.
Comunque, nel caso lo studio scegliesse questa strada, il fulcro è la base di relazioni che si riescono a costruire. Infatti la iper-specializzazione porta, come conseguenza, ad uno spettro meno ampio di clientela potenziale; di conseguenza occorre essere maggiormente penetrativi per captare le esigenze del mercato e fare in modo altresì di essere riconosciuti dai clienti come partner per quello specifico argomento.
La base di relazioni può essere costruita con le giuste frequentazioni, ma anche con una buona comunicazione: redigo articoli autorevoli, tengo convegni, scrivo libri, sono presente sui social costantemente per quel settore specifico?
In altri casi può essere meno complicato posizionarsi in quanto si è l’unico riferimento geografico della zona in cui si opera: vi è molta differenza a farsi percepire migliori nelle grandi metropoli dove la concorrenza è altissima, rispetto a territori più di provincia, dove il contesto è meno competitivo e meno specializzato in determinati settori.
La specializzazione può essere raggiunta anche attraverso la partnership con altri professionisti che apportano la loro conoscenza: ad esempio nel settore della internazionalizzazione, il vantaggio competitivo può esprimersi attraverso il collegamento a studi legali, a esperti di brevetti e marchi, a professori universitari, ecc.
Per quanto riguarda i collaboratori di studio, questi devono essere formati sugli argomenti oggetto di specializzazione, non solo da un punto di vista estremamente tecnico, ma anche di conoscenze trasversali. Tornando all’esempio sopracitato dello studio specializzato nell’internazionalizzazione, è imprescindibile che i collaboratori abbiano una buona conoscenza dell’inglese commerciale.
Conclusioni
Pur con tutta la complessità che questa analisi comporta e consapevoli che ci si prospetta un periodo impegnativo, sfidante e adrenalinico, le potenzialità nascoste sono tali e tante da compensare ampiamente il tempo impiegato nelle valutazioni sopradescritte.
Gli studi professionali che avranno saputo cogliere le nuove richieste del mercato e si saranno preparati adeguatamente potranno beneficiare di vantaggi economici concreti maggiori rispetto a quegli studi che non avranno saputo riconoscere le opportunità nascoste.
Vuoi approfondire questi argomenti? A febbraio 2020 partirà il nuovo ambizioso progetto formativo di MySolution: il Corso Specialistico Consulenza Aziendale: metodologie e strumenti per supportare le aziende nella loro gestione ed evoluzione.
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Dove finirà la contabilità? I Professionisti e le strategie per essere protagonisti del cambiamento
di Luisa M. Bamonte | 13 Dicembre 2019
La semplificazione fiscale e la progressiva digitalizzazione degli adempimenti rappresenta per i professionisti una sfida senza precedenti, quello che in economia si può definire un vero e proprio salto evolutivo tecnologico. A breve potrebbe venire a mancare quello che per molti professionisti rappresenta la prima fonte di guadagno, vale a dire la gestione della contabilità e la produzione dei relativi dichiarativi fiscali. Di fronte a questo mutamento epocale occorre definire una precisa strategia perchè solo gli studi professionali che avranno saputo coglierne le opportunità potranno godere di vantaggi economici concreti.
Premessa
La semplificazione fiscale è ormai realtà. E i professionisti devono prenderne atto. Il cambiamento è imposto dal legislatore, spinto da precise linee politiche di contrasto all’evasione fiscale sotto la pressione dell’Unione Europea. Quindi non ci sarà nessuna marcia indietro o battute di arresto.
Già nelle primissime fasi dell’introduzione della “digitalizzazione fiscale” si è chiaramente percepito che ciò che ci si presentava davanti era un vero e proprio cambiamento radicale, quello che in economia si può definire un salto evolutivo tecnologico.
A breve sarebbe venuto a mancare quello che per molti professionisti rappresenta la prima fonte di guadagno, vale a dire la gestione della contabilità e la produzione dei relativi dichiarativi fiscali. In effetti, oggi, la fatturazione elettronica e l’importazione automatica nei software gestionali della prima nota direttamente dagli estratti conti bancari sono ormai una realtà quotidiana.
Questo miglioramento tecnologico permetterà ad alcuni clienti di autogestirsi la contabilità o di rivolgersi per l’elaborazione dei dati verso soggetti in concorrenza ai professionisti, quali, ad esempio, le banche o i centri di elaborazione dei dati. Nel frattempo, probabilmente molti professionisti perderanno quote di mercato e saranno progressivamente obbligati a ridurre i prezzi su queste ultime tipologie di servizi pur di mantenere i clienti.
Strategie per essere protagonisti del cambiamento
Per affrontare questo mutamento epocale occorre definire una precisa strategia. Non è sufficiente attendere un assestamento del mercato.
In altri termini, ci troviamo di fronte ad una situazione simile a quando le imprese constatano che il loro prodotto di punta sta perdendo progressivamente mercato e che, senza misure straordinarie, l’azienda rischia di entrare in crisi a causa di competitors che immettono un prodotto qualitativamente simile a prezzi inferiori.
Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di focalizzare le cose da non fare: non subire il cambiamento, non farsi sommergere dal quotidiano senza trovare il tempo di ripensare le strategie, non farsi trovare impreparati alla crisi, non lasciare che il cliente decida per noi, ecc.
Il secondo passo è quello di costruire un vero e proprio piano di azione, con l’obiettivo di stabilire quali nuovi servizi offrire e quali abbandonare progressivamente (anche attraverso un approfondimento del mercato in cui si opera e l’individuazione di potenziali nuove aree di intervento), quali cambiamenti organizzativi interni apportare e quali attività già esistenti consolidare.
Una buona strategia per diventare protagonisti del cambiamento potrebbe essere quella di individuare quale sia la tipologia di organizzazione di studio più adeguata. Puntare su uno studio “generalista” piuttosto che “iper-specializzato” è una scelta importante e altrettanto complicata, ma necessaria in questo momento più che mai.
Che tipologia di organizzazione di studio scegliere?
Nel corso del Convegno organizzato dal CNDCEC il 21 novembre scorso dal titolo “Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali” è emerso come competenze, digitalizzazione e aggregazione siano fondamentali per lo sviluppo futuro della professione.
Secondo quanto è stato evidenziato, il fatto che ci si organizzi condividendo expertise e clienti rende più semplice un aumento di fatturati e redditività per i professionisti aderenti, in rapporto a quanto avviene agli studi che mantengono una propria individualità.
Inoltre, come è stato osservato nel corso del Convegno, “lo studio individuale rischia di essere emarginato in un mercato dove la competenza non dura più 30 anni, come accadeva negli anni ’80, ma dura mediamente 5 anni”.
La semplice aggregazione non è tuttavia sufficiente. Ciò che è di estrema importanza è il sottostante l’aggregazione: scegliere le regole di condivisione di spazi, lavoro, consulenza incrociata; riconoscere le rispettive expertise, costruirsi la fiducia reciproca, creare un clima favorevole alla crescita.
Sono tutti concetti non scontati che si sommano ai vincoli che ciascuno studio porta con sé:
Gli spunti citati possono costituire una prima analisi che permetta a ciascuno di verificare lo stato dell’arte della propria organizzazione. Dai risultati che emergeranno si potrà cominciare a fare delle congetture su quale evoluzione positiva intraprendere per il futuro.
Studio generalista o studio specializzato
Le possibilità sono molteplici, per citarne i due più rappresentativi:
a) puntare su uno studio “generalista”: con questa locuzione non si intende uno studio che si occupa di tutto un po’, ma piuttosto un pool di professionisti o collaboratori che gestiscono in semi-autonomia le differenti divisioni di servizi offerti: ad esempio ci sarà chi si occupa di contabilità e controllo di gestione, chi di fiscalità, chi di marchi e brevetti, chi di operazioni straordinarie, chi di edilizia, chi di enti del terzo settore, per citare solo alcuni esempi.
In questo caso l’organizzazione dello studio potrebbe essere di tipo divisionale per quanto riguarda i singoli settori di specializzazione,con l’accentramento di alcune aree strategiche tra le quali:
Occorreranno sistemi pianificati di formazione degli addetti delle divisioni in modo da essere una struttura costantemente aggiornata.
I punti di forza di questa tipologia sono la possibilità di sfruttare le economie di scala e di fornire al cliente un servizio completo, evitando che venga captato da altre realtà che forniscono un servizio non offerto dallo studio. Si andrebbe inoltre incontro ad un progressivo abbattimento dei costi fissi dovuti all’incremento dei fatturati per clienti.
I punti critici in questa tipologia di organizzazione riguardano essenzialmente il team: si tratta di una tipologia di struttura con controllo a maglie “larghe” e quindi è necessario che la fiducia tra gli operatori delle singole divisioni sia massima e che vi sia un leader che faccia da collante tra le differenti expertise e che quindi si informi su tutti i settori facenti parte delle divisioni: un vero e proprio connettore umano. Di grandissimo aiuto i nuovi sistemi tecnologici evoluti di controllo di avanzamento attività, di gestione agende condivise, di gestione progetti, l’utilizzo di procedure da controllo qualità, ecc.
b) puntare su uno studio “iper-specializzato”: una altrettanto valida alternativa può essere rappresentata dalla scelta di essere specialisti su determinati argomenti: in questo caso tutto lo studio sarà improntato sulla massima espressione dell’area scelta e tutto ruoterà intorno alla stessa.
Solitamente questo genere di studio prende le basi dall’expertise del titolare o dall’esperienza maturata nel tempo e che poi è divenuta il core-business. È difficile improvvisarsi “specialisti in”, in quanto l’eccellenza in un settore si acquisisce con il mix di esperienze e conoscenza acquisiti con il tempo.
Comunque, nel caso lo studio scegliesse questa strada, il fulcro è la base di relazioni che si riescono a costruire. Infatti la iper-specializzazione porta, come conseguenza, ad uno spettro meno ampio di clientela potenziale; di conseguenza occorre essere maggiormente penetrativi per captare le esigenze del mercato e fare in modo altresì di essere riconosciuti dai clienti come partner per quello specifico argomento.
La base di relazioni può essere costruita con le giuste frequentazioni, ma anche con una buona comunicazione: redigo articoli autorevoli, tengo convegni, scrivo libri, sono presente sui social costantemente per quel settore specifico?
In altri casi può essere meno complicato posizionarsi in quanto si è l’unico riferimento geografico della zona in cui si opera: vi è molta differenza a farsi percepire migliori nelle grandi metropoli dove la concorrenza è altissima, rispetto a territori più di provincia, dove il contesto è meno competitivo e meno specializzato in determinati settori.
La specializzazione può essere raggiunta anche attraverso la partnership con altri professionisti che apportano la loro conoscenza: ad esempio nel settore della internazionalizzazione, il vantaggio competitivo può esprimersi attraverso il collegamento a studi legali, a esperti di brevetti e marchi, a professori universitari, ecc.
Per quanto riguarda i collaboratori di studio, questi devono essere formati sugli argomenti oggetto di specializzazione, non solo da un punto di vista estremamente tecnico, ma anche di conoscenze trasversali. Tornando all’esempio sopracitato dello studio specializzato nell’internazionalizzazione, è imprescindibile che i collaboratori abbiano una buona conoscenza dell’inglese commerciale.
Conclusioni
Pur con tutta la complessità che questa analisi comporta e consapevoli che ci si prospetta un periodo impegnativo, sfidante e adrenalinico, le potenzialità nascoste sono tali e tante da compensare ampiamente il tempo impiegato nelle valutazioni sopradescritte.
Gli studi professionali che avranno saputo cogliere le nuove richieste del mercato e si saranno preparati adeguatamente potranno beneficiare di vantaggi economici concreti maggiori rispetto a quegli studi che non avranno saputo riconoscere le opportunità nascoste.
Vuoi approfondire questi argomenti? A febbraio 2020 partirà il nuovo ambizioso progetto formativo di MySolution: il Corso Specialistico Consulenza Aziendale: metodologie e strumenti per supportare le aziende nella loro gestione ed evoluzione.
Il percorso è strutturato in 5 moduli da 4 ore e si svolgerà nelle città di Brescia, Como, Milano, Firenze, Trento, Verona e Vicenza.
Una squadra di docenti, altamente specializzati nella materia, ti trasmetterà tutto il know how e le competenze per diventare un Consulente aziendale completo, autonomo e di alto profilo, in grado di fornire nuove soluzioni per la gestione e l'evoluzione dell'impresa.
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Quali sono le principali motivazioni che hanno spinto il legislatore a introdurre la semplificazione fiscale?
L'introduzione della semplificazione fiscale è stata spinta da precise linee politiche di contrasto all’evasione fiscale sotto la pressione dell'Unione Europea.
Qual è stata una delle prime evidenze durante l'introduzione della digitalizzazione fiscale?
Durante l'introduzione della digitalizzazione fiscale è emerso chiaramente un vero e proprio cambiamento radicale, un salto evolutivo tecnologico.
Quali benefici ha portato la fatturazione elettronica e l'importazione automatica nei software gestionali?
La fatturazione elettronica e l'importazione automatica nei software gestionali hanno permesso a alcuni clienti di autogestirsi la contabilità e di ridurre i costi dei servizi professionali.
Quali sono le strategie consigliate per affrontare il cambiamento epocale?
È consigliato definire una precisa strategia, stabilire nuovi servizi da offrire, apportare cambiamenti organizzativi e consolidare le attività esistenti.
Quali sono le punti critici da considerare nella scelta tra uno studio generalista o iper-specializzato?
Nella scelta tra uno studio generalista o iper-specializzato bisogna considerare aspetti come controllo di costi, fiducia tra il team, leadership e aggiornamento costante della struttura.