Circolare monografica
BILANCIO

Nuovi adempimenti in bilancio per effetto del decreto “Crescita”

Evidenza nel bilancio sociale dei tempi di pagamento tra le imprese

di Francesco Barone | 10 Luglio 2019
Nuovi adempimenti in bilancio per effetto del decreto “Crescita”

Vi è un nuovo adempimento da eseguire nel bilancio delle società, a partire dall’esercizio 2019. Il decreto “Crescita” (D.L. 30 aprile 2019, n. 34), infatti, reca disposizioni relative ai tempi di pagamento tra le imprese, specificando i dati che devono essere indicati nel bilancio sociale, quali i tempi medi di pagamento delle transazioni effettuate nell'anno, nonché le politiche commerciali adottate con riferimento alle transazioni medesime e le eventuali azioni poste in essere in relazione ai termini di pagamento. Il tutto con lo scopo di fornire un parametro di riferimento utile per i creditori e i contraenti, attuali e potenziali, delle società.

Premessa

Nelle transazioni commerciali, l’imprenditore deve tenere conto dei tempi di riscossione dei crediti che derivano dall’esercizio dell’attività. Di questo si è occupato il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, che ha definito (cfr. art. 2):

  1. le transazioni commerciali, come i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e Pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
  2. gli interessi moratori, individuati come gli interessi legali di mora ovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese;
  3. gli interessi legali di mora, qualificati come gli interessi semplici di mora su base giornaliera ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di otto punti percentuali;
  4. l’importo dovuto, come la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, compresi le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.

 

I termini di pagamento

In merito ai termini di pagamento, gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento che, in generale, non può superare i trenta giorni.

Nello specifico, il periodo di pagamento non può superare il termine di trenta giorni:

  1. dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
  2. dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
  3. dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
  4. dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.

Nelle transazioni commerciali tra imprese, tuttavia, le parti possono anche pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello suddetto, ma, se i termini sono superiori a sessanta giorni, non devono essere gravemente iniqui per il creditore e devono essere pattuiti espressamente.

La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.

Si considera gravemente iniqua la clausola che esclude l'applicazione di interessi di mora. Non è ammessa prova contraria.

Le disposizioni suddette si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.

Ne deriva che l’imprenditore che effettua operazioni commerciali deve applicare le richiamate regole ai crediti che non vengono riscossi nei termini stabiliti contrattualmente, calcolando gli interessi moratori ed esponendoli, se non riscossi, come crediti nello stato patrimoniale e come proventi nel conto economico.

Per completezza di argomento, si segnala che l'art. 37, comma 1, del D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, ha autorizzato il differimento dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni coinvolte nella gestione di eventi calamitosi per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza. In particolare, le Amministrazioni pubbliche impegnate nella gestione di situazioni di emergenza dovuta ad eventi calamitosi, per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, sono state autorizzate a differire, con provvedimento motivato, i termini dei periodi di pagamento per il tempo strettamente necessario.

Il differimento, comunque, non può eccedere la soglia temporale di centoventi giorni.

L’art. 4, comma 4, del D.Lgs. n. 231/2002, dispone, poi, che nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una Pubblica amministrazione le parti possano pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello normativamente previsto (trenta giorni), quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso, i termini non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto. Resta ferma la facoltà delle parti di concordare termini di pagamento a rate. In tali casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dal decreto sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti.

Infine, deve essere evidenziato che la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, all’art. 2, dedicato alla tutela del lavoratore autonomo nelle transazioni commerciali, ha definito l’ambito di applicazione delle disposizioni del D.Lgs n. 231/2002, disponendo che esse si applichino, in quanto compatibili, anche alle transazioni commerciali tra lavoratori autonomi e imprese, tra lavoratori autonomi e Amministrazioni pubbliche, o tra lavoratori autonomi, fatta salva l'applicazione di disposizioni più favorevoli. L’art. 3, comma 1-terdecies, del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la Pubblica amministrazione, ha introdotto una particolare ipotesi di nullità delle clausole relative ai termini di pagamento a favore delle PMI. Nello specifico, inserendo il comma 4-bis nell'art. 7 del D.Lgs. n. 231/2002, di attuazione della Dir. CEE 29 giugno 2000, n. 2000/35/CE , relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, la norma ha stabilito che, nelle transazioni commerciali, in cui il creditore sia una PMI, si presuma sia gravemente iniqua la clausola che prevede termini di pagamento superiori a sessanta giorni. Tale presunzione non opera quando tutte le parti del contratto sono PMI. Per la definizione di PMI, la norma ha rinviato espressamente al D.M. 18 aprile 2005.

 

L’aspetto fiscale

L’art. 109, comma 7, del TUIR, dispone che gli interessi di mora concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio in cui sono percepiti o corrisposti.

Da ciò si evince che i citati interessi rilevano fiscalmente per cassa. Tale indirizzo è stato previsto dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, ed è volto a tutelare gli operatori contro i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali.

Sotto il profilo dell’IRAP, gli interessi di mora sono allocati nell’area finanziaria del conto economico e, pertanto, non rilevano ai fini del valore della produzione netta.

Con riguardo all’IVA, essi sono esclusi dalla base imponibile ai sensi dell’art. 15, primo comma, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972.

In ogni caso, sui documenti emessi si deve apporre la marca da bollo nel momento in cui l’importo degli interessi moratori è superiore a euro 77,47.

 

La contabilità

Va evidenziato che gli interessi di mora devono essere contabilizzati per l’ammontare maturato nell’esercizio e, quindi, in base al criterio di competenza. La differenza tra l’aspetto contabile, dove vige il criterio di competenza, e la rilevanza fiscale, che impone il criterio di cassa, comporta che il creditore ed il debitore devono operare in dichiarazione dei redditi le rispettive variazioni in diminuzione e in aumento degli interessi di mora, nonché la rilevazione della contabilità differita, se ne ricorrono le condizioni. Contabilmente, le operazioni vengono di seguito rappresentate:

A. nel bilancio del creditore occorre redigere le seguenti scritture:

Crediti V/cliente Rossi              a            Interessi attivi di mora (C.16.d)

Prudenzialmente, sembra opportuno rilevare in contabilità un fondo, in caso di dubbi sull’effettiva esigibilità degli interessi di mora e, quindi:

 Acc.to interessi di mora (B.12 C.E.)   a    Fondo rischi per interessi di mora (B.4 S.P.)

In sede di redazione della dichiarazione dei redditi, gli “interessi attivi di mora”, se non riscossi, devono essere indicati tra le variazioni in diminuzione, mentre la voce “accantonamento interessi di mora” deve interessare le variazioni in aumento, essendo un componente negativo non deducibile fiscalmente.

Nel momento dell’incasso degli interessi di mora, è necessario redigere le seguenti scritture:

 Banca c/c                         a                 Crediti V/cliente Rossi

Nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di incasso degli interessi di mora, occorre portare a tassazione l’importo di detti interessi, che, pertanto, devono essere indicati tra le variazioni in aumento.

Fondo rischi per interessi di mora         a           Sopravvenienze attive

Le sopravvenienze attive vanno, invece, inserite tra le variazioni in diminuzione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di incasso degli interessi di mora per la quota parte riferita a detti interessi riscossi.

B. nel bilancio del debitore le scritture saranno:

 Interessi di mora (C.17 C.E.)           a          Debiti V/fornitori (D.7 S.P.)

In sede di redazione della dichiarazione dei redditi, gli “interessi di mora”, se non pagati, devono essere indicati tra le variazioni in aumento, essendo indeducibili fiscalmente.

Nel momento del pagamento degli interessi di mora, è necessario redigere la seguente scrittura:

 Debiti V/fornitori                      a             Banca c/c

Nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di pagamento, gli interessi di mora devono essere indicati tra le variazioni in diminuzione, essendosi verificata la condizione prevista dal citato art. 109, comma 7, del TUIR, ossia l’effettiva corresponsione.

 

Il decreto “Crescita” e il bilancio

Con una disposizione sorprendente, l’art. 22 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, introduce l'art. 7-ter nel D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231.

Quest’ultimo articolo, rubricato “Evidenza nel bilancio sociale”, specifica i dati di cui deve essere data evidenza nel bilancio sociale delle società.

Le nuove regole si applicano a decorrere dall’esercizio 2019. È doveroso prendere atto di queste novità in tempo utile, gestendo preventivamente le operazioni, in modo tale da essere pronti in sede di chiusura del bilancio d’esercizio.

Esso stabilisce che, nel bilancio sociale, le società devono dare evidenza dei tempi medi di pagamento delle transazioni effettuate nell’anno, ponderando il tempo di pagamento di ciascuna transazione per il suo valore. È opportuno effettuare la distinzione delle transazioni verso le grandi imprese, le piccole e medie imprese e le micro imprese.

Inoltre, nel bilancio, devono essere riportati il numero e il valore complessivo delle transazioni i cui tempi di pagamento abbiano ecceduto i termini massimi come sopra precisati (trenta giorni o superiori), specificando le misure che l’impresa ha adottato per rispettare i tempi.

La relazione illustrativa sottolinea come dare evidenza dei tempi medi di pagamento dell'impresa possa costituire un parametro di riferimento utile per i creditori e i contraenti, attuali e potenziali, della società. Si specifica, inoltre, che la conoscenza della regolarità con la quale le società adempiono alle proprie obbligazioni costituisce, innanzitutto, un parametro di riferimento per contribuire a tutelare i contraenti e creditori della società, ai quali si consente di venire a conoscenza di un dato ulteriore, relativo all'affidabilità del contraente; al tempo stesso, la conoscenza relativa a tali dati può costituire un utile strumento per stimolare le società ad adempiere tempestivamente alle proprie obbligazioni e, quindi, la competitività tra le imprese.

Nel silenzio della norma, appare doveroso evidenziare che il documento dove indicare quanto richiesto è la nota integrativa, unico “strumento” che permette di conoscere dettagliatamente i tempi medi di pagamento delle transazioni commerciali effettuate nell’anno.

Da ultimo, va sottolineato che la disposizione impone che questo nuovo adempimento sia “rispettato” dalle sole società. Infatti, la norma richiama il bilancio sociale che le società devono redigere.

Non sembra, quindi, che le nuove regole debbano essere osservate dagli imprenditori individuali e dalle società di persone.

 

Riferimenti normativi:

  • D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 22;
  • Legge 22 maggio 2017, n. 81, art. 2;
  • D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, artt. 4, 7 e 7-ter;
  • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma 7;
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 15, primo comma, n. 1).

 

Sullo stesso argomento:Tempi di pagamento