Premessa
I gruppi di lavoro antiriciclaggio “valutazione del rischio”, “adeguata verifica” e “conservazione” del CNDCEC, a seguito dell’approvazione delle Regole tecniche sugli obblighi antiriciclaggio relativi alla valutazione del rischio, all’adeguata verifica della clientela e alla conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni, hanno elaborato le Linee guida 22 maggio 2019, n. 47, relative a tali argomenti.
Nel documento viene precisato che il nuovo impianto normativo in materia di antiriciclaggio è basato sia sulle norme “primarie” del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, così come modificato dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, sia sulle Regole tecniche che devono essere considerate vincolanti per i dottori commerciasti e per gli esperti contabili.
Le Linee guida sono state predisposte per fornire esemplificazioni e modulistica per consentire agli iscritti agli Ordini territoriali di adempiere correttamente a quanto richiesto dalla normativa antiriciclaggio.
Nella premessa del documento viene inoltre precisato che “le soluzioni operative ivi proposte sono frutto di orientamenti interpretativi maturati in assenza di specifiche indicazioni da parte delle Autorità competenti; pertanto, nel caso in cui tali Autorità diffondano interpretazioni ufficiali su specifici aspetti, le presenti Linee Guida saranno aggiornate in conformità a tali orientamenti.”.
Nella premessa vi è un glossario, nel quale sono indicate le “definizioni” utilizzate in materia di antiriciclaggio.
Il documento si suddivide in tre parti fondamentali, che richiamano i tre argomenti trattati nelle Regole tecniche ovvero:
- autovalutazione del rischio;
- adeguata verifica della clientela;
- conservazione dei dati, documenti e informazioni.
Nella parte finale vi sono otto utili allegati per potere adempiere correttamente a quanto previsto dalla normativa in materia di antiriciclaggio.
In questa prima circolare monografica verrà approfondita la parte delle Linee guida relativa all’autovalutazione del rischio nello studio professionale.
Autovalutazione del rischio
L’autovalutazione del rischio, di cui agli artt. 15 e 16 del D.Lgs. n. 231/2007, è un adempimento che il professionista deve effettuare con cadenza triennale, salva la facoltà di procedere al relativo aggiornamento quando il soggetto obbligato ne valuti la necessità o lo ritenga opportuno, anche in esito ai processi di analisi interna e definizione dei vari presidi; tale compito non è delegabile.
L’autovalutazione del rischio, nello studio professionale, rappresenta la probabilità che uno o più eventi, legati al riciclaggio e/o al finanziamento del terrorismo (FDT), possano verificarsi durante l’esercizio della professione e le conseguenze che potrebbero derivare da tale circostanza.
Per evitare che si verifichi l’evento “rischioso”, l’iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili deve adottare i presidi e le procedure adeguati alla propria natura e alla propria dimensione per gestire e mitigare i rischi rilevati.
Negli studi associati, l’autovalutazione può essere effettuata con riferimento allo studio, ferma restando per ciascun professionista associato la possibilità di predisporla individualmente.
La prima autovalutazione del rischio dovrà essere predisposta successivamente alla pubblicazione dell’analisi nazionale del rischio (attualmente in corso di predisposizione da parte del Comitato di sicurezza finanziaria).
Il provvedimento della Banca d’Italia avente ad oggetto “Disposizioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo” sancisce che l’obbligo di condurre un esercizio di autovalutazione dei rischi di riciclaggio trova applicazione a partire dal 1° gennaio 2020 e che i destinatari dell’obbligo dovranno trasmettere alla Banca d’Italia i risultati dell’esercizio di autovalutazione relativo al 2019 entro il 30 aprile 2020.
Qualora l’analisi nazionale del rischio non fosse pubblicata entro l’anno 2019, l’autovalutazione dovrà essere effettuata nei 120 giorni successivi all’emanazione dell’analisi nazionale.
In base a quanto previsto dalle Linee guida, la metodologia di autovalutazione dei rischi di riciclaggio/FDT si sviluppa nelle seguenti fasi di attività:
- identificazione del rischio inerente;
- analisi delle vulnerabilità;
- determinazione del rischio residuo.
In relazione a ciascuna delle singole tre fasi elencate, così come evidenziato nelle Regole tecniche, il professionista dovrà esprimere il livello di intensità degli elementi oggetto di valutazione, utilizzando la seguente scala graduata:
Identificazione del rischio inerente
Il professionista deve raccogliere le informazioni e deve identificare e valutare i rischi di riciclaggio/FDT a cui è esposto in ragione dell’attività svolta, prendendo in considerazione anche le risultanze, in termini di individuazione del livello di rischio, delle procedure di adeguata verifica effettuate nei confronti di ciascun cliente.
È un processo di raccolta delle informazioni e mappatura della clientela, al fine di determinare i rischi attuali o potenziali cui si è esposti nell’ambito dell’attività svolta.
Le Linee guida propongono una possibile classificazione del livello del rischio inerente, alla luce delle risultanze del livello di rischio effettivo complessivamente individuato dal soggetto obbligato in sede di adeguata verifica dei clienti.
Analisi delle vulnerabilità
L’iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili deve valutare l’idoneità dei presidi organizzativi, procedurali e di controllo che ha concretamente implementato rispetto ai rischi di cui al precedente punto, al fine di individuare eventuali vulnerabilità nei presidi.
Determinazione del rischio residuo
Il professionista deve valutare il rischio a cui rimane esposto, tenuto conto dell’esame e analisi delle vulnerabilità, con conseguente individuazione delle iniziative correttive da intraprendere ai fini della sua mitigazione.
Identificazione del rischio inerente
Il professionista dovrà tenere conto dei seguenti fattori di rischio:
- tipologia di clientela;
- area geografica di operatività;
- canali distributivi (riferito alla modalità di esplicazione della prestazione professionale, anche tramite collaborazioni esterne, corrispondenze, canali di pagamento, ecc.);
- servizi professionali offerti.
Inoltre, il soggetto obbligato dovrà tenere conto delle risultanze dell’adeguata verifica riferite ai singoli clienti, considerando quanto meno i seguenti elementi:
- settori di attività economica a rischio riciclaggio/FDT;
- clienti operativi in aree geografiche a rischio riciclaggio/FDT;
- clienti classificati ad elevato rischio riciclaggio/FDT (ad esempio, persone politicamente esposte).
Ad ogni singolo fattore di rischio (punti da 1 a 4) bisognerà attribuire una rilevanza, con il relativo indice di rischiosità, espresso con un punteggio da 1 a 4, e successivamente bisognerà effettuare la media aritmetica semplice dei punteggi attribuiti ai singoli fattori di rischio per determinare il valore puntuale del rischio inerente.
Ai fini del risultato finale, la componente del rischio inerente è considerata con una ponderazione del 40 per cento.
Per misurare il rischio inerente, le Linee guida forniscono la seguente tabella.
Tabella A – Misurazione livello di rischio inerente
Fattori di rischio |
Criteri di valutazione |
Indici di rischiosità (da 1 a 4) |
Tipologia clientela |
La valutazione va effettuata tenendo conto del numero dei clienti (in valore assoluto) e delle caratteristiche oggettive e soggettive della clientela; a titolo esemplificativo, incidono elementi quali il tipo di attività dei clienti (esposta o meno ad infiltrazioni criminali o legata a particolari settori più a rischio), l’inquadramento giuridico, la presenza o meno di organismi o Autorità di controllo (collegio sindacale, revisore, Organismo di vigilanza ex D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231), la complessità e la dimensione aziendale, il volume e l’ammontare delle transazioni del cliente, la presenza di persone politicamente esposte ovvero di soggetti sottoposti a indagini o procedimenti penali, ovvero aventi legami con soggetti a rischio o censiti in liste cd. antiterrorismo, la presenza di enti no profit con elementi di potenziale rischio di finanziamento del terrorismo, la qualifica di soggetto destinatario degli obblighi antiriciclaggio in capo allo stesso cliente del professionista. Si reputa che:
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Area geografica di operatività |
L’area geografica di operatività è da riferirsi tanto alla sede (o sedi diverse) dello studio professionale, quanto al territorio in cui si esplica la prestazione professionale a favore del cliente (che può coincidere o meno con la sede di quest’ultimo). Occorre tenere conto delle relazioni con cui le Autorità aggiornano periodicamente la mappa delle zone maggiormente a rischio sia a livello nazionale, sia a livello internazionale (Stati non dotati di adeguati presidi antiriciclaggio o di una normativa antiriciclaggio equivalente a quella italiana). Si reputa che:
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Canali distributivi |
Qualora i servizi professionali avvengano tramite collaborazioni esterne, corrispondenze, canali di pagamento, occorre tenere conto dei relativi rischi, specie se le prestazioni si sviluppano in aree potenzialmente pericolose o distanti rispetto alla sede del professionista. La valutazione deve quindi riguardare il grado di controllo, tracciabilità e protezione di tali relazioni e canali. |
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Servizi professionali offerti |
La valutazione deve tenere conto dei diversi ambiti di attività professionale, con particolare riguardo alle prestazioni maggiormente esposte a tentativi di riciclaggio/FDT. A tale proposito, sono individuati i diversi livelli di rischio nella Regola tecnica n. 2, rispettivamente nella Tabella 1 (prestazioni a rischio inerente non significativo) e nella Tabella 2 (prestazioni a rischio inerente poco significativo, abbastanza significativo o molto significativo). Si reputa che:
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Media aritmetica dei valori ottenuti |
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A - Rischio inerente |
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Le Linee guida specificano, nelle note alla tabella, che, per potere effettuare correttamente la misurazione del livello di rischio inerente, è opportuno consultare le banche dati e le liste esistenti, alcune a pagamento e altre gratuite, e solo per quelle liberamente consultabili segnalano i link ai quali potersi collegare.
Il professionista attribuisce la seguente rilevanza ai fattori di rischio:
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Analisi delle vulnerabilità
Questa tipologia di analisi è condotta al fine di individuare eventuali vulnerabilità o carenze nell’assetto organizzativo e nei presidi adottati dal professionista, che possano fare sì che il rischio inerente si concretizzi in fenomeni di riciclaggio/FDT non rilevati. Tanto più efficaci sono i presidi, tanto minori sono le vulnerabilità.
I fattori che influenzano la vulnerabilità dello studio professionale sono i seguenti:
- formazione;
- organizzazione degli adempimenti di adeguata verifica della clientela;
- organizzazione degli adempimenti relativi alla conservazione dei documenti, dati e informazioni;
- organizzazione in materia di segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante.
Il sistema dei presidi sulla formazione e sull’organizzazione si deve articolare come segue.
Area |
Articolazione dell’assetto organizzativo |
Formazione |
Piano di formazione previsto ed attuato |
Organizzazione |
Organigramma e sistema di deleghe |
Procedure relative all’adeguata verifica della clientela |
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Procedure relative alla conservazione dei documenti, dati e informazioni |
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Procedure relative alla segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante |
Per quanto concerne la formazione, il professionista deve prendere in considerazione quanto previsto dal piano di formazione antiriciclaggio di cui alla informativa CNDCEC 18 giugno 2018, n. 48, ed eventuali successive modifiche e integrazioni.
Per misurare il rischio inerente, le Linee guida consigliano la seguente tabella.
Tabella B – Misurazione livello di vulnerabilità
Fattori di vulnerabilità |
Criteri di valutazione |
Indici di rischiosità (da 1 a 4) |
Formazione |
Oggetto di valutazione è il livello di aggiornamento della conoscenza della normativa antiriciclaggio in capo a tutti i componenti dello studio (titolare/i, dipendenti, collaboratori, tirocinanti). La formazione va valutata altresì per quanto concerne il grado di individuazione tempestiva delle tecniche illegali, facendo riferimento anche agli indicatori di anomalia, schemi di comportamento anomalo e altri indicatori messi a disposizione delle Autorità attraverso relazioni ufficiali. Altro elemento da tenere in considerazione è la frequenza dell’attività di formazione e il suo effettivo svolgimento. |
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Organizzazione degli adempimenti di adeguata verifica della clientela |
Idoneità delle misure adottate per adempiere agli obblighi previsti dalla legislazione vigente in materia di adeguata verifica e dalle regole tecniche (ad esempio, esistenza e documentazione, attraverso l’utilizzo di apposita modulistica, di procedure per l’identificazione del cliente, dell’esecutore e del TE). |
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Organizzazione degli adempimenti relativi alla conservazione dei documenti, dati e informazioni |
Idoneità delle misure adottate per adempiere agli obblighi previsti dalla legislazione vigente in materia di conservazione (cartacea o informatica) e dalle regole tecniche (ad esempio, istituzione e aggiornamento di un sistema organico di conservazione dei fascicoli della clientela; individuazione dei soggetti legittimati ad alimentare e ad accedere al sistema). |
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Organizzazione in materia di segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante |
Idoneità delle misure adottate per adempiere agli obblighi previsti dalla legislazione vigente in materia di SOS e di comunicazione dell’uso illegittimo del contante (ad esempio, esistenza di una procedura interna per la rilevazione di anomalie riconducibili ad eventuali operazioni sospette di riciclaggio/FDT; diffusione interna degli indici di anomalia, nonché delle casistiche di riciclaggio/FDT elaborate da UIF). |
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Media aritmetica dei valori ottenuti |
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B - Livello di vulnerabilità |
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Ad ogni singolo fattore di vulnerabilità bisognerà attribuire una rilevanza con un punteggio da 1 a 4, e successivamente bisognerà effettuare la media aritmetica semplice dei punteggi attribuiti ai singoli fattori di rischio per determinare il valore puntuale del livello di vulnerabilità.
Ai fini del risultato finale, la componente del livello di vulnerabilità è considerata con una ponderazione del 60 per cento.
Il professionista attribuisce la seguente rilevanza alla vulnerabilità dello studio professionale:
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Le linee guida specificano che, in presenza di studi professionali di maggiori dimensioni o con un livello di complessità organizzativa e operativa più elevato, l’assetto organizzativo potrà prevedere una specifica funzione antiriciclaggio, con conseguente nomina del suo responsabile, come anche una funzione di revisione indipendente.
Inoltre, il documento del CNDCEC elenca tutti i compiti della funzione antiriciclaggio, del responsabile della funzione antiriciclaggio e della funzione del revisore indipendente, che di seguito si riepilogano.
La funzione antiriciclaggio deve:
- identificare le norme applicabili e valutare il loro impatto sulle procedure interne;
- verificare l’adeguatezza delle procedure interne in materia di analisi e valutazione dei rischi di riciclaggio/FDT, adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti e dei dati, rilevazione, valutazione e segnalazione delle operazioni sospette e comunicazione delle infrazioni sull’uso del contante;
- curare la predisposizione dell’autovalutazione periodica dei rischi di riciclaggio/FDT;
- collaborare all’individuazione del sistema dei controlli interni e delle procedure finalizzati alla prevenzione e alla gestione dei rischi di riciclaggio/FDT;
- gestire la formazione, mediante la predisposizione di un adeguato piano di formazione, finalizzato a conseguire un aggiornamento su base continuativa del personale dipendente e dei collaboratori;
- predisporre flussi informativi diretti al soggetto obbligato.
Il responsabile della funzione antiriciclaggio:
- ha compiti di supervisione e coordinamento delle politiche e procedure interne per la gestione dei rischi di riciclaggio/FDT;
- assiste il soggetto obbligato anche al fine di gestire e mitigare il rischio residuo.
La nomina e la revoca del responsabile della funzione antiriciclaggio sono di competenza del soggetto obbligato. Il responsabile della funzione antiriciclaggio deve possedere adeguate competenze in materia di gestione dei rischi di riciclaggio/FDT. La responsabilità della funzione antiriciclaggio può essere attribuita anche al soggetto obbligato.
Sia il personale e i collaboratori designati alla funzione antiriciclaggio, sia il personale e i collaboratori non designati alla funzione, anche se inseriti in aree operative, riferiscono direttamente al responsabile della funzione antiriciclaggio per le questioni attinenti alle politiche e procedure interne per la gestione dei rischi di riciclaggio/FDT. Eventuali anomalie sul cliente o sulla prestazione devono invece essere, in ogni caso, comunicate dal dipendente/collaboratore al soggetto obbligato.
Funzione di revisione indipendente
La suddetta funzione, laddove istituita, verifica in modo continuativo il grado di adeguatezza dell’assetto organizzativo e la sua conformità rispetto alla disciplina di riferimento e vigila sulla funzionalità dei presidi antiriciclaggio istituiti.
La funzione di revisione indipendente riferisce unicamente al soggetto obbligato e può avere accesso a tutte le informazioni rilevanti per lo svolgimento della propria attività.
Tale funzione può essere anche interna, purché se ne garantisca l’indipendenza.
Parametri dimensionali |
Livello di organizzazione |
Per due o più professionisti nello stesso studio (una sede o più) |
Funzione antiriciclaggio |
Nomina del responsabile antiriciclaggio |
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Per più di trenta professionisti e più di trenta collaboratori nello stesso studio (una sede o più) * |
Funzione antiriciclaggio |
Nomina del responsabile antiriciclaggio |
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Funzione di revisione indipendente (interna o esterna) |
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* Tale soglia va individuata con riferimento al 31 dicembre dell’anno precedente. |
In relazione alla tabella di cui sopra si tiene conto che:
- il numero dei collaboratori si individua in base alla definizione di “Personale”;
- l’eventuale condivisione di servizi e spazi fisici all’interno dei locali del soggetto obbligato, da parte di altri soggetti, non inseriti nell’ambito dell’organizzazione del personale, non ne determina l’inserimento ai fini del computo del numero dei professionisti;
- il numero delle sedi riguarda sia le unità nazionali, sia quelle dislocate all’estero, riferibili al soggetto obbligato;
- nel caso di associazione professionale o di STP, è possibile creare un’unica funzione antiriciclaggio;
- nel caso di associazione professionale o STP nella cui compagine risultano anche soggetti non iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, si dovrà comunque individuare una funzione antiriciclaggio in conformità alla normativa e alle regole tecniche emanate dal CNDCEC.
Determinazione del rischio residuo
Per determinare il rischio residuo, il professionista dapprima dovrà individuare sia il rischio inerente mediante l’utilizzo della Tabella A, che il livello di vulnerabilità tramite la compilazione della Tabella B; successivamente, sia i valori del rischio inerente, sia quelli della vulnerabilità dovranno essere inseriti in una matrice per il calcolo del livello di rischio residuo.
La matrice che determina il livello di rischio residuo si basa su una ponderazione del 40 per cento del rischio inerente e del 60 per cento della vulnerabilità.
Matrice del rischio residuo
In base all’incrocio fra le due caselle (rischio inerente e vulnerabilità), si determina il valore del livello di rischio residuo, che viene poi individuato tenendo presente la seguente scala graduata:
Riprendendo i risultati dei due esempi precedenti, avremo:
Dall’incrocio fra le caselle della matrice avremo un livello di rischio residuo non significativo. |
Azioni per gestire e mitigare il rischio
In base al risultato ottenuto dalla determinazione del livello di rischio residuo, bisognerà attivare le azioni necessarie per la sua gestione e mitigazione. In presenza di un rischio non significativo o poco significativo, bisognerà limitarsi alla gestione del medesimo, ovvero al mantenimento del relativo livello; qualora si fosse in presenza di un rischio abbastanza o molto significativo, dovranno invece essere individuate apposite azioni mitigatrici.
Gli atti relativi all’autovalutazione dei rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo devono essere conservati e messi a disposizione dell’Organismo di autoregolamentazione e delle autorità addette ai controlli.
L’assenza del documento di autovalutazione del rischio non è sanzionabile in via diretta, così come la sua redazione non rileva positivamente ai fini della determinazione quantitativa della sanzione.
Riferimenti normativi:
- D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90;
- Dir. CEE 20 maggio 2015, n. 2015/849;
- D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, artt. 15 e 16 ;
- CNDCEC, Linee guida 22 maggio 2019, n. 47, “Linee guida - Per la valutazione del rischio, adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni ai sensi del D.Lgs. n. 231/2007- (come modificato dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90)”