Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 11 luglio 2025, n. 606

di Benedetta Cargnel | 11 Luglio 2025
Rassegna di Giurisprudenza 11 luglio 2025, n. 606

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato per giusta causa.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentire dal raffronto critico – riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – con le altre risultanze del processo, ha, in particolare, “considerato che gli scritti provenienti da terzi, pur non avendo efficacia di prova testimoniale, non essendo stati raccolti nell’ambito del giudizio in contraddittorio delle parti, né di prova piena, sono rimessi alla libera valutazione del giudice del merito, e possono, in concomitanza con altre circostanze desumibili dalla stessa natura della controversia, fornire utili elementi di convincimento, specie ove di essi sia stata provata.

La corte ribadisce poi che ferma la facoltà per il giudice di considerare la recidiva in senso atecnico, al solo fine di graduare la gravità della condotta, tuttavia, ove una specifica ipotesi di recidiva in senso tecnico (nella specie, qualunque infrazione dopo due pregressi provvedimenti di sospensione disciplinare nell’arco di un anno) sia (contemplata dal contratto collettivo quale autonoma fattispecie di licenziamento disciplinare, alternativa rispetto a fattispecie che consentono il recesso per infrazioni sanzionabili con qualsiasi misura conservativa purché abbiano “particolare gravità”, quest’ultimo requisito non può coincidere ed esaurirsi nella recidiva (atecnica) in infrazioni punite in misura meno grave (nella specie rimprovero scritto e multa) rispetto all’ipotesi espressamente contemplata, poiché ciò contrasta con la scala valoriale concordata dalle parti sociali e si traduce in un inammissibile trattamento deteriore, per il lavoratore, rispetto alle previsioni del contratto collettivo.

Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tali principi, la corte rigetta il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare, ma la Corte ribadisce che il giudice può basare il proprio convincimento su prove atipiche. Il ricorso per cassazione viene rigettato.