Il Fatto
Un lavoratore adiva il Tribunale per far accertare la nullità del patto di non concorrenza.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda rilevando che il patto prevede una limitazione dell’attività lavorativa e un’estensione territoriale eccessive a fronte di un corrispettivo esiguo se paragonato al sacrificio richiesto al lavoratore.
Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, si richiede, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso possieda i requisiti previsti in generale per l'oggetto della prestazione dall'art. 1346 c.c.; se determinato o determinabile, va verificato, ai sensi dell'art. 2125 c.c., che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato, e che il patto non sia di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; consegue comunque la nullità dell'intero patto all’eventuale sproporzione economica del Regolamento negoziale.
Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tale principio, la corte rigetta il ricorso.
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