Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 30 maggio 2025, n. 600

di Benedetta Cargnel | 30 Maggio 2025
Rassegna di Giurisprudenza 30 maggio 2025, n. 600

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il recesso datoriale impugnato per mancato superamento del periodo di prova.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda e il datore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che la cessazione unilaterale del rapporto per mancato superamento della prova rientra nella eccezionale fattispecie del recesso ad nutum di cui all’art. 2096 c.c., sottratto all’ordinaria disciplina di controllo delle ragioni del licenziamento. Tuttavia, si tratta pur sempre di un recesso e la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 189 dell’anno 1980, ha prospettato la illegittimità del recesso, tra l’altro, quando la prova sia stata superata con esito positivo: infatti, ai sensi dell’art. 2096 comma 4 c.c., compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva. Trattandosi, quindi, di un licenziamento, seppure discrezionale e senza obbligo di fornire alcuna motivazione, esso è comunque soggetto alle disposizioni (artt. 1334 e 1335 c.c.) in virtù delle quali, vertendosi in ipotesi di atto unilaterale recettizio, vi è l’onere del datore di lavoro di consegnare la relativa comunicazione materialmente nelle mani del lavoratore prima della scadenza ovvero di fornire la prova che essa sia pervenuta all’indirizzo del destinatario, da intendersi come luogo rientrante nella sua sfera di dominio e di controllo.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Un lavoratore impugna il recesso datoriale per mancato superamento del periodo di prova. La Corte d’Appello accoglie la domanda, sostenendo che il licenziamento è soggetto a disposizioni specifiche.