Il Fatto
Un lavoratore impugnava la sospensione dal lavoro per inosservanza degli obblighi vaccinali, assumendo che il rapporto di lavoro fosse già sospeso a causa di malattia.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda e il datore di lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che il rifiuto della prestazione offerta dal lavoratore non vaccinato non integra mora credendi, perché fondato sulla carenza di un requisito essenziale di carattere sanitario per lo svolgimento della prestazione stessa e ciò giustifica anche la sospensione dell’obbligo retributivo e la mancata previsione dell’assegno alimentare perché, se il riconoscimento di quest’ultimo “si giustifica alla luce della necessità di assicurare al lavoratore un sostegno allorquando la temporanea impossibilità della prestazione sia determinata da una rinuncia unilaterale del datore di lavoro ad avvalersene e da atti o comportamenti che richiedono di essere accertati in vista della prosecuzione del rapporto, ben diverso è il caso in cui, per il fatto di non aver adempiuto all’obbligo vaccinale, è il lavoratore che decide di sottrarsi unilateralmente alle condizioni di sicurezza che rendono la sua prestazione lavorativa, nei termini anzidetti, legittimamente esercitabile.
Poiché i giudici non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso.
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