Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 14 febbraio 2025, n. 585

di Benedetta Cargnel | 14 Febbraio 2025
Rassegna di Giurisprudenza 14 febbraio 2025, n. 585

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva le domande del lavoratore.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che , in tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dalla Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, commi 4 e 5, come novellato dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92, è consentita al giudice la sussunzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l’illecito con sanzione conservativa anche laddove sia espressa attraverso clausole generali ed elastiche. Tale operazione di interpretazione e sussunzione non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando tale operazione di interpretazione nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità come già eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo.

Infine la corte rileva che il datore di lavoro che affermi la detraibilità dall’indennità risarcitoria prevista dal nuovo testo dell’art. 18, comma 4 , st. lav., a titolo di aliunde percipiendum, di quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire dedicandosi alla ricerca di una nuova occupazione, ha l’onere di allegare le circostanze specifiche riguardanti la situazione del mercato del lavoro in relazione alla professionalità del danneggiato, da cui desumere, anche con ragionamento presuntivo, l’utilizzabilità di tale professionalità per il conseguimento di nuovi guadagni e la riduzione del danno.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

Contenuto riservato agli
Abbonati MySolution

Sei già Abbonato?

Esegui qui l'accesso

Non sei ancora Abbonato?

Richiedi info
Promo 15 giorni
Sintesi elaborata da MySolution IA:
La Corte d'Appello accoglie le domande del lavoratore, ritenendo proporzionata la sanzione disciplinare. Il datore di lavoro ricorre per cassazione, ma il ricorso viene respinto.