Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava risolto il rapporto e condannava il datore di lavoro ad un’indennità risarcitoria, negando la tutela reintegratoria.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte osserva che in tema di licenziamento disciplinare (per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo) “l'insussistenza del fatto” contestato, che rende applicabile la tutela reintegratoria, comprende anche l'ipotesi del fatto sussistente nella sua materialità, ma privo del carattere di illiceità, offensività o antigiuridicità, ossia privo di rilievo disciplinare
Assume pertanto pregnante rilievo la stretta simmetria imposta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 128/2024 , sul piano della tutela, fra licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, da un lato, e quello per giustificato motivo oggettivo, dall’altro. Infatti tale simmetria impone di ritenere allora rilevante anche per quest’ultimo non soltanto l’insussistenza del fatto inteso nella sua storicità o materialità del suo accadimento, ma pure quella del fatto inteso nella sua rilevanza giuridica come possibile giustificato motivo oggettivo.
Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tali principi, la corte accoglie il ricorso.
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