Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato per aver simulato lo stato di malattia.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda, rilevando compatibili con lo stato di malattia le attività svolte dal lavoratore.
Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che durante il periodo di sospensione del rapporto determinato dalla malattia permangono in capo al lavoratore tutti gli obblighi non strettamente inerenti allo svolgimento della prestazione; tra gli altri, gli obblighi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c., oltre che gli obblighi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., con ciò rilevando l’eventuale violazione del dovere di osservare tutte le cautele, comprese quelle terapeutiche e di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall'infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati, sia che si intenda tale dovere quale riflesso preparatorio e strumentale dello specifico obbligo di diligenza, sia che lo si collochi nell'ambito dei più generali doveri di protezione scaturenti dalle clausole di correttezza e buona fede in executivis, evitando comportamenti che mettano in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia.
Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso.
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