Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 27 ottobre 2023, n. 519

di Benedetta Cargnel | 27 Ottobre 2023
Rassegna di Giurisprudenza 27 ottobre 2023, n. 519

Il Fatto

Alcuni lavoratori adivano il Tribunale per ottenere un adeguamento della retribuzione corrisposta ai sensi dell’art. 36 della Costituzione.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda rilevando che la retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva gode di una presunzione solo relativa di adeguatezza ai principi costituzionali previsti dall'art. 36 Cost., potendo essere superata qualora venga fornita in giudizio una adeguata prova contraria da parte di chi agisce in giudizio.

I lavoratori ricorrevano per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che i giudici di merito non hanno motivato perché un salario lordo, di poco superiore alla soglia di povertà Istat, debba essere ritenuto per ciò solo conforme a quello costituzionale, che l’art. 36 Cost. vuole invece, in positivo, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad assicurare una vita libera e dignitosa, anche nella sua proiezione familiare. Infatti, in virtù della forza cogente del diritto alla giusta retribuzione, spetta al giudice di merito valutarne la conformità ai criteri indicati dall’art. 36 Cost., mentre il lavoratore che deduca la non conformità della retribuzione corrispostagli dal datore di lavoro all’art. 36 Cost., deve provare solo il lavoro svolto e l’entità della retribuzione, e non anche l’insufficienza o la non proporzionalità che rappresentano i criteri giuridici che il giudice deve utilizzare nell’opera di accertamento.

La corte ribadisce che quello al salario minimo costituzionale delineato nell’art. 36 Cost. integra un diritto subiettivo perfetto. La Costituzione ha accolto infatti una nozione di remunerazione della prestazione di lavoro non come prezzo di mercato, ma come retribuzione sufficiente ossia adeguata ad assicurare un tenore di vita dignitoso, non interamente rimessa all’autodeterminazione delle parti individuali né dei soggetti collettivi. I due requisiti di sufficienza e proporzionalità costituiscono limiti all'autonomia negoziale anche collettiva, così come del resto accade nei commi successivi dell'art. 36 Cost. che, come è stato giustamente osservato, non sempre vengono adeguatamente valutati insieme al comma 1 laddove appongono ulteriori limiti costituzionali alla durata sia della giornata lavorativa, sia della settimana e dell'anno di lavoro

La corte pertanto accoglie il ricorso enunciando i seguenti principi di diritto:

  1. Nell’attuazione dell’art. 36 della Cost. il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’art. 36 Cost., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata.
  2. Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe.
  3. Nella opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex art. 36 Cost. il giudice, nell’ambito dei propri poteri ex art. 2099, comma 2, c.c., può fare altresì riferimento, all’occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Lavoratori chiedono adeguamento retribuzione. Corte d'Appello rigetta domanda, ma Corte di Cassazione accoglie ricorso. Giudice può discostarsi da contrattazione collettiva per garantire retribuzione conforme all'art. 36 Cost.