Il Fatto
Un professionista adiva il Tribunale per ottenere la pensione di vecchia.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda rilevando che non sussistesse alcuna incompatibilità tra l’esercizio della libera professione forense e la carica di socio con poteri di rappresentanza.
L’ente previdenziale ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che la situazione di incompatibilità va fatta discendere dal concreto ed effettivo esercizio dei poteri gestori da parte del socio amministratore.
La corte ribadisce poi che nel sistema previdenziale forense, anche gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l'anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione di vecchiaia, in quanto nessuna norma prevede che venga "annullata" l'annualità in cui il versamento sia stato inferiore al dovuto. Ne consegue che l'art. 1 della Legge n. 141 del 1992, secondo il quale la pensione di vecchiaia è pari, per ogni anno di "effettiva" iscrizione e contribuzione, all'1,75% della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini IRPEF nel quindicennio anteriore alla maturazione del diritto a pensione, va interpretato nel senso che la pensione si commisura alla contribuzione "effettiva", non rilevando cioè il principio di automatismo delle prestazioni valido nel lavoro dipendente, mentre il termine "effettivo", estraneo al concetto di "misura", non può intendersi come sinonimo di "integrale.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Errore di accesso al sistema, riprova tra qualche minuto
Prova nuovamente ad eseguire l'accessoATTENZIONE: 10 tentativi rimasti prima di bloccare l'account.
Se non ricordi la password clicca qui
Operazione riuscita correttamente
Si è verificato un errore, riprova più tardi
Funzionalità non abilitata per utenti Demo
La funzione di ricerca è disponibile solo per gli utenti abbonati