Con la Sentenza n. 31561/2023, la Corte di Cassazione si è soffermata sul mancato assolvimento dell’obbligo di repêchage, che costituisce l’obbligo per il datore di lavoro di valutare, prima del licenziamento del lavoratore in esubero o non più idoneo, tutte le possibili riallocazioni all’interno dell’azienda. In particolare, gli Ermellini hanno affermato che l’art. 3 della Legge n. 604/1966 stabilisce “l’obbligo di repêchage nell’esclusivo alveo della fungibilità delle mansioni in concreto attribuibili al lavoratore (senza alcun obbligo di organizzare corsi di formazione previsti per la diversa ipotesi di esercizio dello ius variandi) e ciò anche nella vigenza del novellato art. 2103 c.c., che non consente di giungere al punto di considerare come posizione utile ai fini del repêchage quella che in nessun modo sia riferibile alla professionalità posseduta”.
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