I riders delle aziende attive nel settore del food delivery devono essere genuinamente qualificati come lavoratori autonomi, non essendo gli stessi non solo sottoposti a alcun potere direttivo e disciplinare da parte dell’Azienda, ma neppure obbligati a rendere la prestazione lavorativa. Del resto, queste collaborazioni non possono considerarsi attratte nel campo di applicazione della disciplina del lavoro subordinato ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, posto che siffatta estensione trova applicazione solo qualora le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa siano organizzate dal committente anche (e, dunque, non solo, secondo l’interpretazione fornita dal Giudice) con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro. La decisione del Tribunale di Torino rappresenta la prima presa di posizione della giurisprudenza in un dibattito, sempre più attuale, che prende le mosse dall’avvenuto tramonto dell’impostazione fordista del lavoro e dell’obsolescenza dei criteri di classificazione della prestazione nelle rigide categorie del lavoro subordinato e autonomo: in ultima analisi, al netto delle varie interpretazioni, si ritiene che i dadi debbano passare nelle mani del Legislatore, unico soggetto legittimato a fornire soluzioni atte a salvaguardare uno dei fondamentali valori dell’ordinamento civile, ossia la dignità del lavoro e del lavoratore.
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