La prossima scadenza del 30 novembre 2023 per il versamento del secondo o unico acconto dovuto per l’anno 2023, impone alcune valutazioni di convenienza per i contribuenti che si trovano con difficoltà finanziarie. Come di consueto, in questi casi, è utile valutare la possibilità di rivedere al ribasso l’ammontare dovuto, in ottica previsionale. In aggiunta, si profilano quest’anno due strade: quella consueta del ravvedimento operoso, a cui si affianca la nuova soluzione prevista con il D.L. n. 145 del 18 ottobre 2023, art. 4, che, limitatamente ad alcuni contribuenti, introduce per il 2023 la possibilità di posticipare o frazionare il versamento dovuto.
Laddove il contribuente rientri nel perimetro delineato dall’art. 4 del D.L. n. 145/2023 , lo stesso potrà posticipare al 16 gennaio 2024 o in 5 rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 16 di ciascun mese. Va precisato che sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi del 4% (art. 20, comma 2, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241).
Ma la nuova chance di rateazione è effettivamente più conveniente rispetto al ravvedimento operoso?
In linea generale sembra potersi affermare di sì. Se è vero, infatti, che l’attuale tasso di interesse legale (pari al 5% dal 1° gennaio 2023) è poco più alto di quello applicabile per dilazionare il secondo acconto (4%), ragion per cui la differenza in termini di “costo” per gli interessi non è poi così evidente; è altrettanto vero che la rateazione prevista dal D.L. collegato al D.d.L. di bilancio fa risparmiare del tutto le sanzioni.
La nuova rateazione prevista dal decreto Anticipi evita, infatti, il pagamento:
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