Tra i vari obiettivi che il Governo si pone con la riforma fiscale c’è quello di rivedere la disciplina delle c.d. società di comodo focalizzando l’attenzione verso quelle società che, effettivamente, sono utilizzate quale strumento per ricondurre la proprietà del bene alla sfera d’impresa piuttosto che a quella privata dei soci, effettivi utilizzatori ma soprattutto titolari celati dei beni. Dunque facciamo riferimento alle c.d. società schermo.
L’intento del Governo sembrerebbe quello di penalizzare proprio questo tipo di società, prevedendo la revisione periodica delle percentuali alla base del c.d. test di operatività.
Test che potrebbe comportare in capo alla società conseguenze quali la rideterminazione del reddito, la possibilità limitata d’utilizzare il credito IVA e le perdite pregresse.
La normativa di riferimento in materia è rappresentata dall’art. 30 della Legge n. 724/1994.
Una probabile revisione potrebbe essere attuata anche per quanto riguarda le cause di esclusione dalla disciplina delle società di comodo, attraverso:
Fino a poco tempo fa erano state considerate “società di comodo” (art. 30, Legge n. 724/1994) non solo le “società non operative”, ossia le società che non superano il “test di operatività”, ma anche le “società in perdita sistematica”. Tale equiparazione è venuta meno a seguito dell’abrogazione, dei commi da 36-decies a 36-duodecies dell’art. 2 del D.L. n. 138/2011 ad opera dell’art. 9 del D.L. 21 giugno 2022, n. 73.
Decreto con il quale, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, è stata abrogata la disciplina di cui al citato D.L. n. 138/2011 in materia di società in perdita sistematica. La disposizione citata imponeva un reddito minimo da dichiarare a partire dal periodo di imposta successivo ai precedenti cinque nei quali la società aveva dichiarato perdite ovvero per quattro anni perdite e per un anno un reddito inferiore a quello minimo.
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