Nel caso in cui, dopo il trasferimento del software, i diritti ottenuti dal cessionario risultino sostanzialmente equivalenti ai diritti su una copia del programma, quando il contratto disciplini l'utilizzo del software per fini personali, il pagamento è considerato profitto aziendale, per cui tale compenso non è configurabile come royalty e costituisce quindi reddito d'impresa. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 361/E del 23 giugno 2023 secondo cui, al contrario, si considerano come royalty i guadagni derivanti dall'alienazione di qualsiasi diritto o proprietà nella misura in cui detto guadagno è subordinato alla produttività, all'uso o all'ulteriore alienazione del diritto.
La fattispecie analizzata concerne la corretta qualificazione, ai fini fiscali, dei pagamenti a titolo di Revenue Share riconosciuti dalla società interpellante residente, ad una società statunitense nell’ambito dello sviluppo congiunto di un nuovo prodotto.
Il dubbio interpretativo prospettato riguarda, nello specifico, la qualificazione fiscale dei compensi corrisposti a un soggetto non residente in forza di un accordo quadro (Master Product Collaboration Agreement - "MPCA"), sottoscritto tra le parti al fine di stabilire una cooperazione strategica per lo sviluppo congiunto di nuovi progetti e regolare le relative obbligazioni che, a pare dell’interpellante:
Sulla scorta della documentazione presentata l’Agenzia osserva innanzitutto che gli accordi sottoscritti tra le due società contemplano diverse disposizioni, alcune delle quali si sostanziano nell'esecuzione di servizi - comprendenti, tra l'altro, le attività di marketing e gli after-sales services - altre essenzialmente riconducibili alla concessione (reciproca) di licenze su marchi e software.
Con specifico riguardo alla componente software, l’Agenzia richiama le "Technical Explanation" del Trattato Italia - Usa le quali, allineandosi alla posizione espressa dal Modello OCSE (in particolare al paragrafo 17.2 del Commentario), affermano che il software per computer è generalmente protetto dalle leggi sul copyright in tutto il mondo e che i compensi possono essere classificati sia come redditi d'impresa sia come royalties, in relazione ai fatti e alle circostanze che hanno dato origine al pagamento.
Nell'ipotesi in cui, dopo il trasferimento del software, i diritti ottenuti dal cessionario sono sostanzialmente equivalenti ai diritti su una copia del programma, quando il contratto disciplini l'utilizzo del software per fini personali, il pagamento sarà considerato profitto aziendale, per cui tale compenso non è configurabile come royalty e costituisce quindi reddito d'impresa.
Al contrario, sono qualificati come royalty ex art. 12 della Convenzione i guadagni derivanti dall'alienazione di qualsiasi diritto o proprietà nella misura in cui il guadagno è subordinato alla produttività, all'uso o all'ulteriore alienazione del diritto (es. compensi derivanti dalla concessione del diritto di sfruttamento economico del software, il quale comprende il diritto di riproduzione, distribuzione e di sviluppo del software medesimo).
Tale ultima modalità di concessione, precisa l’Amministrazione finanziaria, non differisce dalla fattispecie descritta nell’interpello, considerato che i software concessi alla società italiana non vengono impiegati per finalità personali o di godimento dell'Istante, ma sono necessari e funzionali a garantire la piena fruibilità da parte dell'utente finale del Prodotto, di cui i software sono una componente fondamentale e discriminante per la sua collocazione sul mercato.
L’Agenzia conclude quindi ritenendo integrata la condizione richiesta dall'articolo 12 della citata Convenzione tra Italia e Stati Uniti per ricondurre una quota dei relativi pagamenti effettuati dall'Istante, in relazione al citato MPCA, nell'ambito della categoria convenzionale dei "canoni".
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