
La lite riguarda le modalità adottate dall'Ufficio per determinare i maggiori ricavi della società, relativamente sia ai profili attinenti alla metodica dell'accertamento analitico-induttivo, sia al connesso regime probatorio.
In tema di accertamento analitico-induttivo, a fronte dell'incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l'A.F. può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all'art. 2729 c.c., con la conseguenza che l'onere della prova si sposta sul contribuente.
Le presunzioni semplici non devono essere necessariamente più d'una; il convincimento del giudice si può fondare anche su un solo elemento, preciso e grave, così che l'onere della prova si sposta sul contribuente (Cass. ord. 2 novembre 2021, n. 30985; ord. 14 ottobre 2020, n. 22184; ord. 18 dicembre 2019, n. 33604).
Nella specie, l’Ufficio, per determinare i maggiori ricavi, ha offerto una pluralità di elementi, significativi dell'esistenza di maggiori componenti positivi di reddito, che i giudici non hanno tenuto in adeguata considerazione. La sentenza, infatti, si fonda interamente sul rilievo di una criticità ravvisata nella metodica di determinazione dei ricavi, ma non tiene conto delle diverse circostanze evidenziate in giudizio dall'A.F., tra le quali l'esistenza di fatture emesse per operazioni inesistenti e il rilievo di profitti derivanti da reato.

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