Rassegna di giurisprudenza 29 agosto 2025, n. 766

L’Agenzia ritiene acritica l’applicazione dell'assoluzione penale del legale rappresentante della società, motivata in base a circostanze irrilevanti in sede di accertamento e senza considerare gli elementi indiziari desumibili dal PVC, e contesta l’effettiva sussistenza del fornitore e la buona fede della società.
L’art. 21-bis del D.Lgs. n. 74/2000 non trova applicazione, atteso che la sentenza penale di assoluzione (perché il fatto non sussiste) di cui si discute è stata emessa dal GUP del Tribunale all'esito di giudizio abbreviato ex artt. 438 ss. c.p.p., la cui caratteristica principale è rappresentata dall'assenza del dibattimento, essendo il processo celebrato nell'udienza preliminare e allo stato degli atti. Non sussiste, pertanto, in ipotesi, il requisito previsto dall'art. 21-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, per l'applicazione dell'illustrata disciplina, per la quale deve trattarsi di sentenza di assoluzione (perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso) pronunciata in seguito a dibattimento (Cass. 14 febbraio 2025. n. 3800).
La sentenza penale di assoluzione (perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso) resa all'esito di giudizio abbreviato ai sensi degli artt. 438 ss. c.p.p. non produce effetti ai fini dell'art. 21-bis del D.Lgs. n. 74/2000, trattandosi di decisione la cui caratteristica principale è rappresentata dall'assenza del dibattimento, essendo il processo celebrato nell'udienza preliminare allo stato degli atti.
La sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della società può essere presa in considerazione solo come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui detta decisione è destinata a operare.