Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di giurisprudenza 18 luglio 2025, n. 762

di Fabio Pace | 18 Luglio 2025
Rassegna di giurisprudenza 18 luglio 2025, n. 762

Si chiede se la traduzione in italiano della procura rilasciata all’estero e dell’attività certificativa integri un requisito di validità dell’atto. In assenza di traduzione va stabilito se il giudice possa farne a meno, se conosce la lingua straniera, possa o debba assegnare un termine per la traduzione e possa o debba nominare un esperto.
In materia di atti prodromici al processo, quale la procura speciale alle liti, la traduzione in lingua italiana di questa e dell’attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione di L’Aja del 5 ottobre 1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, non integra un requisito di validità dell’atto, sicché la sua carenza non dà luogo ad alcuna nullità. Ex artt. 122 e 123 c.p.c., la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per gli atti prodromici al processo (quali gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e relative certificazioni), che, se redatti in lingua straniera, sono prodotti validamente, avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di nominare un traduttore, del quale può fare a meno, se è in grado di comprendere il significato dei documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte (Cass. ord. 27 febbraio 2025, n. 5200).
La produzione di documenti redatti in lingua straniera e l'impiego della procura estera non muniti contestualmente di traduzione allegata non sono vietati dall'ordinamento processuale e, quindi, non possono ritenersi comunque inutilizzabili. L'art. 122 c.p.c., che prescrive l'uso della lingua italiana in tutto il processo, non esonera il giudice dall'obbligo di considerare la procura estera, ancorché espressa in lingua diversa da quella italiana, restando affidato al suo potere discrezionale il ricorso a un interprete, a seconda che sia, o meno, in grado di comprenderne il significato o che in ordine ad esso sorgano contrasti tra le parti (Cass. n. 1608 del 2011; Cass. n. 6093 del 2013; Cass. n. 12515 del 2015).

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
La traduzione in italiano della procura estera non è un requisito di validità dell'atto. Il giudice può nominare un traduttore o interpretare direttamente il documento.