Si discute se la pericolosità di un rifiuto debba essere dimostrata di volta in volta dal contribuente o vada rinvenuta in disposizioni speciali. La società lamenta errata assimilazione di alcuni rifiuti speciali a quelli urbani e la mancata disapplicazione del regolamento comunale privo di limiti quantitativi per l'assimilazione.
Il presupposto impositivo della TARI è costituito dalla disponibilità dell'area produttrice di rifiuti e, dunque, la tassa è dovuta solo per il fatto di occupare o detenere locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività, che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell'area (Cass. 9 marzo 2020, n. 6551; Cass. 23 maggio 2019, 14037; Cass. 14 settembre 2016, n. 18054; Cass. 23 settembre 2004, n. 19173; Cass. 18 dicembre 2003, n. 19459); l'esenzione dal tributo - ora prevista per la parte di superficie ove i rifiuti speciali si formano in via continuativa e prevalente, e a condizione che i produttori (tenuti a provvedere a proprie spese) ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente - integra l'oggetto di un'allegazione il cui onere della prova grava sul contribuente che intende ottenere l'esenzione, in quanto il diritto all'esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. 16 aprile 2019, 10634; Cass. 5 settembre 2016, n. 17622; Cass. 24 luglio 2014, n. 16858; Cass. 6 luglio 2012, n. 11351; Cass. 9 marzo 2012, n. 3756; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775); tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (Cass. 13 agosto 2004, n. 15867; Cass. 17 settembre 2019, n. 23059; Cass. 3 marzo 2010, n. 5036; Cass. 15 aprile 2005, n. 7915; Cass. 28 febbraio 2018, n. 4602; Cass. 13 settembre 2017, n. 21250; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235; Cass. 12 dicembre 2019, n. 32741).
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