Un contribuente nega che la creazione del trust realizzasse un fenomeno di interposizione soggettiva, essendo lo stesso effettivo e reale. Contesta l'obbligo di segnalare nel quadro RW le attività finanziarie all'estero.
L’art. 37 del D.P.R. n. 600/1973 imputa al contribuente i redditi formalmente intestati a un altro soggetto laddove, in base a presunzioni, egli ne risulti l'effettivo possessore, senza distinguere tra interposizione fittizia e reale (Cass. 27 aprile 2021, n. 11055; Cass. 22 giugno 2021, n. 17743).
Il legislatore tributario avrebbe codificato un principio di maggiore estensione rispetto alla dicotomia civilistica incentrata su titolarità effettiva - titolarità apparente, perché ciò che rileva, ai fini tributari, è il possesso del reddito formalmente attribuito a terzi (effettivo possessore per interposta persona), in luogo e in sostituzione del formale titolare dei redditi, fattispecie che si configura in caso di coinvolgimento sia di soggetti diversi, sia di un unico soggetto. Trattandosi di possesso come situazione di fatto, tale da comportare l'individuazione di un titolare effettivo del reddito complessivo diverso e divergente dal titolare formale (Cass. 19 ottobre 2018, n. 26414; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26057), esso appare coerente con il fatto che la prova è affidata anche a circostanze di carattere indiziario.
La modifica dell'art. 4, comma 1, del D.L. n. 167/1990, ha esteso l'obbligo di segnalazione nel quadro RW delle attività finanziarie all'estero anche a chi, pur non essendo possessore diretto di attività e/o investimenti all’estero, ne sia titolare effettivo, manifestando una reale capacità contributiva in ordine ai beni posseduti per interposta persona. Tale modifica è, nella specie, irrilevante. Infatti, essa consiste in un’estensione dell'obbligo della dichiarazione, già gravante su chi detenesse investimenti all'estero o attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. Il contribuente era detentore diretto di attività o investimenti all'estero, in base all’accertata natura fittizia del trust, ritenuto mero schermo di beni e attività a lui direttamente riconducibili; pertanto, questi ne rispondeva già in base al testo originario dell'art. 4cit.
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