
In una fattispecie cui deve applicarsi la disciplina del reclamo-mediazione, si pone la questione della tempestività del ricorso, depositato oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione del diniego, ma entro il termine decorrente dalla scadenza dei 90 giorni previsti per il compimento della procedura amministrativa.
La proposizione del ricorso di cui all'art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, anche nel testo vigente prima delle modifiche di cui all’art. 1, comma 611, lett. a), della legge n. 147/2013, determina la pendenza della lite.
Il termine per il deposito del ricorso di cui al comma 9 dell'art. 17-bis - nel testo vigente prima delle modifiche di cui all’art. 1, comma 611, lett. a), della legge n. 147/2013 - decorre, in caso di comunicazione di rigetto del reclamo, dal ricevimento del diniego, a condizione che quest'ultimo sia stato notificato conformemente alla disciplina vigente ratione temporis per le notifiche degli atti nel processo tributario.
Quel che è controverso è se il diniego - in quanto comunicato a mezzo PEC in data anteriore all'entrata in vigore del processo telematico - fosse idoneo a fissare il termine a quo per la costituzione entro 30 giorni secondo la previsione di cui all'art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992.
Sebbene il ricorso producesse anche gli effetti di un reclamo, ciò non escludeva, al fine della notifica, che esso dovesse considerarsi comunque un atto giudiziario, dato che, in caso di esito negativo del reclamo e della mediazione, lo stesso valeva come ricorso, se tempestivamente notificato (Cass. 7 ottobre 2022, n. 29343). Nello stesso senso si è ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo avverso due o più atti impositivi, di cui solo alcuni soggetti al reclamo obbligatorio, precisando che il dies a quo del termine di costituzione del ricorrente, di cui all'art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992, è regolato unicamente dall'art. 17-bis, comma 9, non potendo sdoppiarsi l'adempimento, necessariamente unico, del deposito del ricorso cumulativo notificato alla controparte e introduttivo di un unico rapporto processuale (Cass. 20 dicembre 2024, n. 33587).

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