Si discute delle situazioni oggettive rilevanti per l'esclusione di una società in perdita sistematica dell'applicazione delle disposizioni sulle società di comodo, ai fini dei rimborsi di eccedenze di credito IVA.
In tema di società non operative, anche alle società in perdita fiscale che, ai sensi dell'art. 2, commi 36-decies e 36-undecies, del D.L. n. 138/2011, sono equiparate a quelle di comodo di cui all'art. 30, commi 1 e 2, della legge n. 724/1994, si applica il principio affermato dalla Corte UE (sent. 7 marzo 2024, causa C-341/22), in base al quale l'art. 9, par. 1, della Dir. n. 2006/112/CE, si interpreta nel senso che non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA - e, quindi, il diritto alla detrazione, alla compensazione, alla cessione dell'eccedenza di credito IVA e al rimborso, non invocati in modo fraudolento o abusivo - al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d'imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta.
Incombe sul contribuente che invochi un credito d'imposta l'onere di provare i fatti costitutivi della sua esistenza; non basta esporre la pretesa in dichiarazione, poiché il credito non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo (Cass., Sez. 5, sent. 26 ottobre 2012, n. 18427; Cass., sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26937; Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27580; Cass. 28 febbraio 2024, n. 5288).
La richiesta di rimborso deve essere presentata nel rispetto del termine decadenziale biennale ex art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, che decorre dal giorno in cui si è verificato il presupposto del rimborso, ossia dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento che dà diritto alla restituzione del versato (Cass. 11 maggio 2017, n. 11652; Cass. 11 dicembre 2023, n. 34429).
L'A.F. può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell'imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l'esercizio del suo potere di accertamento o per la rettifica dell'imponibile e dell'imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento (Cass., Sez. U, sent. 29 luglio 2021, n. 21766; Cass. 28 febbraio 2024, n. 5288).
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