Secondo l'Agenzia, è stato fatto riferimento a principi inconferenti, perché relativi alla deducibilità dei costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti ai fini della determinazione del reddito d’impresa, mentre nella specie si verte del recupero di IVA indebitamente detratta.
In tema di operazioni soggettivamente inesistenti, per il riconoscimento del diritto alla detrazione IVA, non rileva che l'art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del D.L. n. 16/2012, consenta la deduzione dei relativi costi, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche in caso di consapevolezza del carattere fraudolento delle operazioni, sebbene a condizione che siano rispettati i requisiti di cui all'art. 109 del TUIR, giacché, fondandosi il suddetto diritto esclusivamente sul principio di neutralità dell'IVA, del tutto eterogeneo rispetto ai presupposti della deducibilità dei costi di impresa, trova applicazione l'ordinario criterio secondo cui l'A.F. è tenuta a provare che il contribuente era, o avrebbe dovuto essere, date le circostanze, a conoscenza della frode, mentre il contribuente è tenuto a provare, in contrario, di avere adottato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (Sez. 5, sent. 30 ottobre 2018, n. 27566).
All’indeducibilità non consegue automaticamente l'indetraibilità; il diritto del contribuente alla detrazione, fondandosi sul principio di neutralità dell'imposta, muove da presupposti diversi da quelli della deducibilità dei costi di impresa (Sez. 5, sent. 17 luglio 2020, n. 15288).
Errore di accesso al sistema, riprova tra qualche minuto
Prova nuovamente ad eseguire l'accessoATTENZIONE: 10 tentativi rimasti prima di bloccare l'account.
Se non ricordi la password clicca qui
Operazione riuscita correttamente
Si è verificato un errore, riprova più tardi
Funzionalità non abilitata per utenti Demo
La funzione di ricerca è disponibile solo per gli utenti abbonati