Un professionista ritiene che, non essendo più obbligato a tenere uno o più conti dedicati, i rapporti bancari in essere vadano considerati estranei all’attività professionale e accesi a esclusivo titolo personale. L'attività ispettiva non potrebbe tenere conto di tali situazioni bancarie, le cui movimentazioni non vanno giustificate.
E’ irragionevole e contraria al principio di capacità contributiva la presunzione secondo cui i prelievi ingiustificati dai c/c bancari effettuati da un lavoratore autonomo sono destinati a un investimento nella propria attività professionale e che questo sia produttivo di reddito (Corte cost. sent. 6 ottobre 2014, n. 228).
Anche in riferimento all'imprenditore individuale, in tema sia di imposte sui redditi, che di IVA, la presunzione relativa della disponibilità di maggiore reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, ex art. 32, primo comma, n. 2), del D.P.R. n. 600/1973, è riferibile ai titolari di reddito d’impresa, anche individuale. Si estende, inoltre, al lavoro autonomo e alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32 (Cass., Sez. 5, ord. 8 aprile 2024, n. 9403). All'esito della citata sentenza della Corte cost., le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito d’impresa, anche individuale, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, che possono contrastarne l'efficacia, dimostrando che esse sono già incluse nel reddito soggetto a imposta o non rilevano.
Inoltre, per superare la presunzione posta a carico del contribuente dall'art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell'affluire di somme sul proprio conto corrente. È necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell'estraneità delle stesse alla sua attività (Cass., Sez. 5, sent. 11 marzo 2015, n. 4829).
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