Si prospetta la censura di motivazione meramente apparente per non aver preso posizione sostanziale sui profili oggetto del decidere ovvero sul criterio per l'analisi di redditività, riferendosi la sentenza alla pronuncia di primo grado di cui dichiara di condividere integralmente il contenuto.
Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza quando il giudice di merito non indichi gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento o li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, così, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi, la sentenza resta sprovvista in concreto del cd. minimo costituzionale (Cass., S.U, sent. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. VI-5, ord. 6 marzo 2018, n. 5209) (Cass., Sez. VI-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9105).
La sentenza è nulla ai sensi dell'art. 132, secondo comma, n. 4), c.p.c., ove risulti del tutto priva dell'esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda o la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (Cass., Sez. V, ord. 4 ottobre 2018, n. 24313) (Cass., Sez. L, sent. 8 gennaio 2009, n. 161).
Nella specie, la sentenza si diffonde ampiamente nel ricostruire le posizioni delle parti durante lo svolgimento dei due gradi di merito, per giungere, infine, a trarre le conclusioni argomentative nelle due ultime pagine.
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