Secondo l'Agenzia, l'accisa e le relative addizionali devono essere computate nella base imponibile IVA. Inoltre, si contesta l’annullamento dell'accertamento per mancata dimostrazione del fatto che l'onere economico dell'accisa fosse stato ribaltato sul cessionario dell'energia, esercitando il diritto di rivalsa.
Ex artt. 1 e 13, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972, nella base imponibile IVA rientrano tutti i costi sostenuti dal fornitore prima della cessione del bene (o della prestazione di servizi), purché ad essa connessi, incluse le imposte che, come le accise, lo Stato esige solo dal fornitore, in qualità di sostituto d'imposta, dato che quest'ultimo è autonomamente responsabile del pagamento (Cass. sent. 16 ottobre 2019, n. 26145).
Se, in caso di obbligo di rivalsa, il prezzo del servizio comprende sempre anche la tassa (Cass. 7 marzo 2014, n. 5362), non altrettanto può dirsi per il prezzo dell'energia elettrica fornita dal produttore ai consumatori, tenuto conto che, per le accise, la rivalsa è solo un diritto del fornitore e non un obbligo. Pertanto, solo se la rivalsa è stata esercitata dal soggetto obbligato al pagamento delle accise nei confronti dell'Amministrazione doganale, tali imposte sono parte del costo dell'energia elettrica e rientrano nella base imponibile IVA.
Se, invece, il contribuente ha ricevuto il corrispettivo relativo alle forniture di energia non comprensivo delle accise, non si può sostenere che l’IVA debba riguardare anche le accise non traslate sul prezzo dell'energia e, dunque, non pagate dai consumatori finali. Ciò anche in ragione del fatto che la base imponibile è determinata da quello che il soggetto passivo percepisce realmente come corrispettivo, non potendo gravare sul fornitore un'imposta che è a carico del consumatore finale e che non è stata da questi versata.
In conclusione, le accise sull'energia elettrica dovute dal soggetto obbligato all'Amministrazione rientrano nella base imponibile IVA, a condizione che siano state effettivamente traslate sul consumatore finale ai sensi dell'art. 16, comma 3, del TUA, poiché solo in questo caso entrano a fare parte del prezzo pagato da quest'ultimo e costituiscono un elemento del costo del prodotto venduto (Cass. n. 26145 del 2019 cit.).
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