Si assume illegittima esclusione degli effetti correlati all’apposta annotazione di ruralità, senza considerare che la stessa era sufficiente al riconoscimento della ruralità.
In tema di fabbricati rurali e in ragione della sequenza normativa costituita dall'art. 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del D.L. n. 70/2011, dall'art. 13, commi 14 e 14-bis, del D.L. n. 201/2011, e dal D.M. 26 luglio 2012, gli effetti retroattivi del riconoscimento di ruralità, così come previsti dall’art. 2, comma 5-ter , del D.L. n. 102/2013, presuppongono l'apposizione di una specifica annotazione in atti, che costituisce l'unico dato rilevante ai fini del riconoscimento della ruralità, risultando superate le originarie previsioni normative che correlavano un tale effetto a una variazione del classamento catastale.
La domanda di variazione, presentata dall'interessato con autocertificazione, non determina ex se il riconoscimento di ruralità, a tale fine essendo necessaria l'annotazione in atti della sussistenza dei requisiti di ruralità prevista dall'art. 1, comma 2, del D.M. 26 luglio 2012, cit. (Cass., 10 febbraio 2021, n. 3226; Cass., 19 dicembre 2018, n. 32787; Cass., 9 novembre 2017, n. 26617).
Per le unità immobiliari in categoria D/10 - che non fossero già censibili in tale categoria - era sufficiente l'annotazione specifica, che - anche nell’inversa ipotesi di un provvedimento motivato di diniego dei requisiti di ruralità - definiva il procedimento in questione e integrava il requisito, oggettivamente ed esclusivamente correlato al dato catastale, utile ai fini del riconoscimento della ruralità (Cass., 13 maggio 2024, n. 13110).
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