Una società ritiene che tutti gli intestatari di immobili censiti nelle categorie catastali D ed E abbiano la possibilità di un aggiornamento catastale, per adeguare la rendita ai nuovi criteri di stima, che non sono limitati all’individuazione degli elementi da includere o escludere nella valutazione.
In tema di rendita catastale, l'atto di aggiornamento castale, ai sensi dell'art. 1, comma 22, della legge n. 208/2015, può essere presentato dagli intestatari catastali di immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, solo al fine dell'adeguamento della rendita castale alla nuova disciplina introdotta dal precedente comma 21 e, quindi, al fine di escludere dalla rendita eventuali componenti impiantistiche, che non sono più oggetto di stima.
La presentazione di un atto di aggiornamento catastale in base alla legge n. 208/2015 è consentita agli intestatari catastali degli immobili a destinazione speciale, di cui alle categorie D ed E, al solo fine di ottenere la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al comma 21 dell’art. 1cit. Si tratta di una rideterminazione preordinata a realizzare l'uniformità nei riferimenti estimativi catastali tra le unità immobiliari già iscritte in catasto e quelle oggetto di dichiarazione di nuova costruzione o di variazione. Tale aggiornamento deve avvenire, pertanto, attraverso lo scorporo degli elementi che, in base alla nuova previsione normativa, non costituiscono più oggetto di stima catastale.
Se il contribuente presenta, dopo una prima Docfa, una nuova dichiarazione, ex art. 1, comma 22, della legge n. 208/2015, e l'A.F. rettifica la rendita proposta, nella lite circa l'attendibilità del provvedimento di classamento, il contribuente ha l'onere di indicare i componenti produttivi da non comprendere nella nuova rideterminazione che erano stati, invece, originariamente compresi (Cass., Sez. 5, 20 giugno 2024, n. 17045 ).
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