La lite riguarda l’applicazione della presunzione iuris tantum, che pone a carico del contribuente l'onere di giustificare prelevamenti e versamenti sui conti correnti.
Le presunzioni legali in favore dell'Erario, derivanti dagli accertamenti bancari, determinano in capo al contribuente un preciso e analitico onere della prova contraria, che non può essere assolto solo attraverso il ricorso a dichiarazioni di terzi, non potendo queste ultime assurgere né a rango di prove esclusive della provenienza del reddito accertato né essere idonee, di per sé, a fondare il convincimento del giudice (Cass. ord. 9 marzo 2021, n. 6405; Cass. ord. 15 luglio 2022, n. 22302).
Incombe, quindi, sul contribuente l'onere di superare la presunzione di legge, attraverso la dimostrazione in modo analitico dell'estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, mentre il giudice di merito è tenuto a effettuare una verifica rigorosa in ordine all'efficacia dimostrativa delle prove fornite, avuto riguardo a ogni singola movimentazione e dandone conto in motivazione (Cass. ord. 18 novembre 2021, n. 35258; Cass. ord. 5 maggio 2021, n. 11696; Cass. ord. 20 febbraio 2020, n. 4428).
Nella specie, invece della valutazione analitica delle giustificazioni fornite dal contribuente, sono stati erroneamente aggravati gli oneri di allegazione e prova in capo all'A.F, che è solo tenuta a dare la prova dei movimenti in entrata e in uscita operati dal contribuente su conto corrente bancario, anche intestato a terzi, trattandosi di elemento costitutivo della pretesa creditoria (Cass. ord. 24 novembre 2022, n. 34638).
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