Una società ritiene che la rivalutazione monetaria le spettasse in misura pari alla differenza fra il saggio legale degli interessi e il rendimento medio annuo dei titoli di stato cessionaria del credito, senza necessità di ulteriori elementi probatori e in materia di obbligazioni pecuniarie.
Una volta riconosciuto il diritto al maggior danno da rivalutazione monetaria del credito del contribuente nei riguardi dell'A.F., nei limiti del valore presuntivo dato dalla differenza tra rendimento medio annuo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi e il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. n. 602/1973, la relativa decorrenza deve essere riguardata - ove l'istanza sia individuata nel deposito della dichiarazione - con riferimento al termine previsto dall’art. 36-bis, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973, a partire dal quale per legge l'A.F. si trova in mora, in applicazione della regola dettata dall'art. 1219, secondo comma, n. 3), c.c.
La particolarità dell'obbligazione tributaria implica che il maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, c.c. è in generale riconoscibile in via presuntiva, anche per il creditore che ne domandi il risarcimento, nell’eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. n. 602/1973 (Cass. 4 luglio 2023, n. 18922).
La decorrenza della rivalutazione è collegata alla mora dell'A.F. e si tratta di obbligazione pecuniaria, in cui ex lege viene individuato il momento in cui la debitrice deve considerarsi in mora (Cass. 9 agosto 2016, n. 16797). La possibilità per l'A.F. di contestare il diritto al rimborso non osta alla costituzione in mora del debitore e al suo obbligo, fin da tale costituzione, del maggior danno, senza interferenze con i termini decadenziali. La decorrenza della mora non interferisce con quella del termine prescrizionale, da identificare in tale sorta di crediti a partire dalla presentazione della dichiarazione (Cass. sent. 14 marzo 2019, n. 7241).
E’ rispetto a tale ultimo termine che l'A.F. deve provvedere, sul rilievo che, nel caso ricorrente di credito d'imposta esposto in dichiarazione, l'interpellatio va identificata con il deposito della dichiarazione.
In definitiva il termine riferito è quello che si identifica con il ritardo colpevole dell'A.F. stessa nel rimborso, facendosi applicazione della regola stabilita dall'art. 1219, secondo comma, n. 3), c.c.
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