
Un contribuente evidenzia che la chiroprassi è riconosciuta dalla legge come professione sanitaria di grado primario nel campo della salute, senza che l’assenza del regolamento attuativo incida sull'esenzione IVA.
Il riconoscimento dell'esenzione da IVA, prevista dall’art. 10, primo comma, n. 18), del D.P.R. n. 633/1972, al chiropratico che renda una prestazione di cura alla persona, richiede l'accertamento che la prestazione garantisca un sufficiente livello di qualità e che chi la rende sia munito di formazione adeguata, somministrata da istituti di insegnamento riconosciuti dallo Stato, anche in mancanza dell'istituzione del registro dei dottori in chiropratica e dell'attivazione del relativo corso di laurea magistrale (Cass. 2 ottobre 2020, n. 21108; Cass. 11 marzo 2021, n. 6868).
Non è ragionevole fare dipendere il beneficio dell'esenzione IVA, di diretta provenienza unionale, dall’emanazione di un regolamento ministeriale che ne disciplini lo svolgimento, ostandovi l'insegnamento della Corte di giustizia, che lo riserva a persone qualificate e in possesso dei titoli necessari, indipendentemente dalla loro iscrizione a un albo professionale.
E' vero che lo svolgimento di una professione medica così delicata non può essere affidato a qualsiasi soggetto, ma - nelle more dell'emanazione del regolamento attuativo - il controllo dei requisiti per l'esercizio della chiropratica può essere senz'altro demandato al giudice di merito, chiamato a valutare la sussistenza delle necessarie abilità e qualifiche professionali nel soggetto che tale attività esercita e che chiede di beneficiare dell'esenzione dall'imposta.

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