Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di giurisprudenza 22 settembre 2023, n. 669

di Fabio Pace | 22 Settembre 2023
Rassegna di giurisprudenza 22 settembre 2023, n. 669

Si invoca l'applicabilità della sanzione al tributo evaso, dal momento che l'IVA non era stata pagata dal contribuente, dichiaratosi falsamente esportatore abituale e, dunque, non sussistevano i presupposti per il ravvedimento operoso in presenza di vantaggi fiscali indebitamente ottenuti.
Nell’IVA all'importazione, in caso di indebito utilizzo del plafond, è ammissibile il ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, ma devono essere corrisposte anche le sanzioni, perché la violazione non ha carattere meramente formale, poiché incide sul versamento del tributo, e gli interessi, poiché l'IVA all'importazione rientra tra i tributi da corrispondere in occasione delle operazioni doganali e non dopo.
Il "plafond" ex art. 8, primo comma, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972, costituisce solo un limite quantitativo monetario utilizzabile l'anno successivo per effettuare acquisti in sospensione d'imposta, che non incide sulla sussistenza del credito impositivo, ma sulla sua esecutività, tenuto conto del maggior credito nei confronti dell'Erario strutturalmente collegato all'attività di esportatore abituale: se manca tale "status", il limite viene meno (Cass. Sez. 5, sent. 15 giugno 2018, n. 15835). Perciò, per decidere il caso concreto, non è di per sé dirimente l'assenza di "plafond", potendo astrattamente operare il ravvedimento operoso anche in tale caso.
Nelle cessioni all'esportazione in sospensione d'imposta, se la dichiarazione d'intenti si rivela ideologicamente falsa, perché emessa da soggetto privo del requisito di esportatore abituale, al cedente non è consentito l'esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività del debito IVA correlato alla qualità di esportatore abituale, qualora disponga di elementi tali da sospettare l'esistenza di irregolarità (Cass. Sez. 5, sent. 15 luglio 2020, n. 14979; Cass. Sez. 5, sent. 5 aprile 2019, n. 9586).
In caso di superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili ai fini IVA, ove il contribuente voglia validamente beneficiare del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, deve necessariamente corrispondere, oltre alla sanzione indicata dalla predetta disposizione, anche l'eccedenza d'imposta non compensabile (Cass. Sez. 5, ord. 7 dicembre 2018, n. 31706). Infatti, il superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (Cass. Sez. 5, sent. 21 luglio 2017, n. 18080).

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il contribuente deve pagare la sanzione per l'IVA non versata e corrispondere le eccedenze d'imposta non compensabili. La falsa dichiarazione di esportatore abituale non permette il ravvedimento operoso.