Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di giurisprudenza 1° settembre 2023, n. 666

di Fabio Pace | 1 Settembre 2023
Rassegna di giurisprudenza 1° settembre 2023, n. 666

L’Agenzia eccepisce l'applicabilità della sanzione all’IVA evasa, non pagata dalla società, dichiaratasi falsamente esportatrice abituale; né sussistevano i presupposti per il ravvedimento operoso, in presenza di vantaggi fiscali indebitamente ottenuti con conseguente non invocabilità del principio di neutralità fiscale.
In materia di IVA all'importazione, in caso di indebito utilizzo del "plafond", è ammissibile il ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, ma devono essere corrisposti anche le sanzioni, perché la violazione non ha carattere meramente formale, dal momento che incide sul versamento del tributo, e gli interessi, poiché l'IVA all'importazione rientra tra i tributi che vanno corrisposti in occasione delle operazioni doganali e non in un momento successivo.
Il "plafond" di cui all’art. 8, primo comma, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972, costituisce solo un limite quantitativo monetario pari all'ammontare complessivo dei corrispettivi delle esportazioni utilizzabile nell'anno successivo per effettuare acquisti in regime di sospensione d'imposta, che non incide sulla sussistenza del credito impositivo, ma solo sull'esecutività dello stesso: in mancanza di tale "status", il limite viene meno (Cass. Sez. 5, sent. 15 giugno 2018, n. 15835sent. 15 giugno 2018, n. 15835). Quindi, non è di per sé dirimente l'assenza di "plafond", potendo astrattamente operare il meccanismo del ravvedimento operoso anche in tale caso.
Nelle cessioni all'esportazione in regime di sospensione d'imposta, se la dichiarazione d'intenti si rivela ideologicamente falsa, perché emessa da soggetto privo del requisito di esportatore abituale, al cedente non è consentito l'esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività del debito IVA correlato alla qualità di esportatore abituale se, anche in base a elementi presuntivi, dispone di elementi tali da sospettare l'esistenza di irregolarità, gravando su di lui un onere di diligenza con l'adozione di tutte le ragionevoli misure in proprio potere (Cass. Sez. 5, sent. 15 luglio 2020, n. 14979; Cass. Sez. 5, sent. 5 aprile 2019, n. 9586).
Il superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili ai fini IVA equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, così che, se il contribuente vuole validamente beneficiare del ravvedimento operoso, deve corrispondere, oltre alla sanzione ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, anche l'eccedenza d'imposta non compensabile (Cass. Sez. 5, ord. 7 dicembre 2018, n. 31706).

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
L'Agenzia ritiene inammissibile il ravvedimento operoso per l'IVA evasa e non pagata, anche in caso di indebito utilizzo del plafond.