La questione riguarda la prova che la società fosse la beneficiaria effettiva dei dividendi.
In tema di dividendi madre-figlia, in ragione del disposto di cui all’art. 27-bis, quinto comma, del D.P.R. n. 600/1973 - sia nella versione precedente alle modifiche di cui all’art. 26, comma 2 , lett. b), della legge n. 122/2016, sia nella versione successiva - la circostanza che il soggetto che reclama i benefici ivi previsti non ne sia beneficiario effettivo è elemento da valutarsi per la ricostruzione della fattispecie in termini di pratica elusiva, quale segnale di una struttura posta in essere in maniera formale e artificiosa per usufruire indebitamente dei benefici riservati alle società con sede nell'UE.
L'indagine volta a verificare la qualità di beneficiario effettivo si articola in tre test, autonomi e disgiunti: substantive business activity test, dominion test e business purpose test (Cass. 28 febbraio 2023, n. 6005).
L'obbligazione restitutoria può risultare da un contratto o essere desunta da elementi fattuali, quali: il ristretto arco di tempo tra la ricezione degli interessi e il pagamento della rata del finanziamento ricevuto; la regolarità dei trasferimenti alla controllante; l'esiguità del margine di guadagno sugli interessi ricevuti; l'identità del management della società interposta e di quella destinataria finale del flusso reddituale; il fatto che la società interposta non abbia deliberato il finanziamento, che non ne sopporti il rischio, o che non possa rinunciare alle somme prestate (Cass. 9 dicembre 2018 n. 32840 e n. 32842; Cass. 13 settembre 2022 n. 26920).
Ove si controverta della legittima fruizione dei benefici della direttiva madre-figlia, una volta affermato che il divieto di abuso del diritto è principio generale immanente, non serve importare da convenzioni o dalla direttiva interessi-royalties la clausola del beneficiario effettivo in funzione antielusiva.
Nella specie, il requisito rientrava tra gli elementi costitutivi con onere probatorio a carico del contribuente. La disposizione, infatti, prevedeva espressamente che i benefici si applicassero alle società, controllate direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati CE, a condizione che dimostrassero di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime in esame.
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