Si eccepisce illegittimità costituzionale della norma che disponeva l’indeducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte sui redditi e di quella che ne ha poi consentito la solo parziale e forfetaria deduzione (imposta dovuta sulla quota imponibile di interessi passivi e oneri assimilati al netto di interessi attivi e proventi assimilati).
La detraibilità di oneri, per determinare le imposte sui redditi, va stabilita e commisurata dal legislatore, secondo valutazioni politico-economiche, non censurabili se non manifestamente irragionevoli, che possano conciliare le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino (Corte cost., sent. n. 574 del 1998). Nel caso dell'IRAP, il legislatore ha individuato quale nuovo indice di capacità contributiva, diverso da quelli utilizzati ai fini di ogni altra imposta, il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate; la scelta di tale indice non può dirsi irragionevole né lesiva del principio di capacità contributiva, dato che il valore aggiunto prodotto è la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, con l'IRAP, assoggettata a imposizione prima che sia distribuita per remunerare i fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori.
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 446/1997, e 6, commi 1 e 2, del D.L. n. 185/2008, dove prevedono, ai fini delle imposte sui redditi, la deducibilità parziale, anziché integrale, nella misura forfetaria del 10% dell'IRAP relativa al costo del lavoro e agli interessi passivi, costituendo legittimo esercizio del potere discrezionale del legislatore che, con scelta insindacabile in quanto non palesemente arbitraria né irrazionale, ha inteso promuovere una parziale detassazione dei costi con lo scopo di incentivare la competitività delle imprese nell'interesse generale, non ravvisandosi un obbligo per il legislatore di estendere la misura agevolativa (Cass. 6 giugno 2019, n. 15341).
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