La lite ha ad oggetto il regime impositivo di registro applicabile - sotto il profilo della determinazione della base imponibile - a un atto di divisione di comunione ereditaria posto in essere in presenza di donazioni effettuate in vita dal de cujus a favore di taluno dei condividenti, e civilisticamente tenute a collazione.
Nell’imposizione di registro della divisione ereditaria ex art. 34 del D.P.R. n. 131/1986, per stabilire la massa comune e, quindi, per accertare l’eventuale divergenza tra quota di fatto-quota di diritto e la presenza di eccedenze-conguagli tra coeredi, tassabili come vendita-trasferimento, si deve tener conto del valore del bene donato in vita dal de cujus a un coerede condividente e come tale oggetto di collazione ex artt. 724 e 737 c.c.
In tema di imposta di registro dovuta sugli atti di divisione ereditaria, l'art. 34 del TUR, prevedendo che la massa comune sia costituita dal valore dell'asse ereditario netto determinato a norma dell'imposta di successione, va interpretato in accordo con la disciplina civilistica, nel senso di comprendere i beni del compendio successorio tenendo conto anche del valore delle donazioni collazionate e con imputazione dei debiti (art. 724 c.c.); pertanto la base imponibile per calcolare l'imposta di registro sulla divisione deve essere determinata sulla somma del valore del bene caduto in successione e del valore del bene collazionato per imputazione; quindi, l'assegnazione dell'unico bene rimasto nell'asse ereditario a un condividente, se il valore coincide con la sua quota di diritto sull'intera massa, non comporta emersione di conguagli né tantomeno imposizione di alcunché secondo le regole della vendita (Cass. ord. 3 agosto 2021, n. 22123).
Il rinvio operato dall’art. 34 del TUR all’imposta di successione non può non risentire del fatto che la disciplina di quest’ultima è stata fatta oggetto di varie e non sempre lineari riforme e stratificazioni normative e che, in particolare, la norma che dovrebbe fungere da parametro di riferimento (l’art. 8, comma 4, del TUS) è stata privata di ogni pratica e complessiva rilevanza (implicita abrogazione) per il venire meno, a seguito del superamento normativo del regime impositivo proporzionale, della finalità prettamente antielusiva che essa perseguiva; superamento normativo che l’evoluzione giurisprudenziale di legittimità ha ritenuto di dovere ravvisare con riguardo non solo alle aliquote, ma anche all’istituto del coacervo di relictum e donatum finalizzato alla franchigia massima di non imponibilità (Cass. n. 22123 del 2021 cit.; Cass. sent. 6 dicembre 2016, n. 24940; ord. 23 maggio 2018, n. 12779; ord. 15 gennaio 2019, n. 758).
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