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Lo smart working in ambito internazionale nella circolare n. 25/E/2023

di Ennio Vial, Adriana Barea | 30 Agosto 2023
Lo smart working in ambito internazionale nella circolare n. 25/E/2023

La circolare 18 agosto 2023, n. 25/E affronta due macro temi: il lavoro subordinato in smart working in ambito internazionale (Parte I della circolare) e la disciplina dei frontalieri sia a livello di norma interna che convenzionale (Parte II). Riservando ad un successivo intervento il secondo tema, è il caso di osservare come l’Agenzia fornisca un inquadramento sistematico di diverse casistiche di lavoro agile a livello internazionale. Molti chiarimenti non sono nuovi ma è oltremodo apprezzabile il lavoro dell’Agenzia volto a inquadrare in modo sistematico precedenti interventi di prassi. Purtroppo l’Agenzia non torna sul delicato tema dello split year previsto nelle Convenzioni con la Germania e la Svizzera.

La residenza fiscale e lo smart working

La circolare n. 25/E ricorda, al par. 1.1 della parte I, che la normativa interna in tema di residenza fiscale, ossia l’art. 2 del TUIR, contempla tre criteri che devono essere intesi come alternativi, nel senso che anche il verificarsi di uno solo di essi determina la residenza fiscale in Italia del contribuente.

È appena il caso di ricordare che i tre criteri sono:

  • l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente;
  • il domicilio, come definito dalla normativa civilistica;
  • la residenza, come definito dalla normativa civilistica.

Rimane ferma l’eventuale differente previsione contenuta in una Convenzione contro le doppie imposizioni.

Un passaggio interessante emerge al par. 1.2 dove l’Agenzia, correttamente, rileva che nonostante lo sviluppo della forma lavorativa dello smart working le norme in tema di residenza fiscale rimangono immutate per cui, il fatto che il dipendente lavori in smart working, non comporta alcuna deroga all’analisi della normativa interna (art. 2 del TUIR) e convenzionale.

Rapporto tra disciplina domestica e convenzionale

Il par. 4.1 della parte I della circolare offre una sintesi del rapporto tra la disciplina domestica e quella convenzionale in tema di residenza fiscale. Si tratta di chiarimenti invero non nuovi, ma l’impeccabile ricostruzione dell’Ufficio appare utile per fissare alcune conclusioni cui si poteva giungere con il ragionamento.

Dopo aver ribadito, come abbiamo già segnalato, la prevalenza della disciplina convenzionale rispetto a quella interna, la circolare offre un’interessante analisi dell’iter logico che deve essere seguito al fine di dirimere le questioni sulla residenza fiscale.

Innanzitutto viene, correttamente, osservato che, in prima battuta, la residenza deve essere valutata in base alla disciplina interna degli stati contraenti.

Nell’ipotesi in cui solamente uno dei due Paesi consideri fiscalmente residente il contribuente, la Convenzione, e segnatamente l’art. 4, non trova applicazione.

La stessa, infatti, entra in gioco solo nel caso in cui emerga un conflitto di residenza tra i due Paesi, ossia nell’ipotesi in cui il contribuente sia considerato fiscalmente residente in entrambi i Paesi in base alle rispettive norme interne.

Solo in questo caso, pertanto, troveranno applicazione le cosiddette tie breaker rules, ossia una serie di specifiche regole da usare secondo un criterio gerarchico che non è il caso di approfondire in questa sede.

Un ulteriore aspetto che emerge nella circolare n. 25/E è che, coerentemente con quanto già segnalato dall’Agenzia nella Risposta ad Interpello n. 203 del 25 giugno 2019, non citata dalla circolare, la normativa convenzionale relativa alla residenza trova applicazione anche se il criterio utilizzato dall’art. 2, comma 2 del TUIR per determinare la residenza italiana è quello dell’iscrizione all’anagrafe. In altre parole, il fatto che il contribuente rimanga iscritto all’anagrafe della popolazione italiana non esclude che lo stesso possa essere considerato non residente in base alla disciplina convenzionale.

Convenzioni e smart working del dipendente

La circolare illustra la disciplina convenzionale contenuta nell’art. 15, par. 1 del Modello OCSE dalla quale emerge che ai fini della determinazione della potestà impositiva dei due Stati rilevano esclusivamente questi due elementi:

  • la residenza fiscale del lavoratore;
  • il luogo in cui viene svolta l’attività lavorativa.

Risulta, invece, ininfluente la residenza del datore di lavoro che, eventualmente, può rilevare solo in relazione all’applicazione delle ritenute alla fonte.

Senza considerare il caso particolare dell’art. 15, par. 2 della Convenzione, che chi scrive è solito battezzare col nome di “distacco di breve periodo”, le ipotesi che si possono configurare sono quelle sintetizzate nella successiva tabella.

Tabella n. 1 - tassazione del dipendente in smart working

 

Attività lavorativa svolta in Italia

Attività lavorativa svolta all’estero

Lavoratore residente in Italia

Tassazione esclusiva Italia

Tassazione concorrente tra i due Paesi

Lavoratore residente all’estero

Tassazione concorrente

Non tassabile in Italia

Lo smart working nel periodo emergenziale

L’Agenzia ricorda che Il Segretariato dell’OCSE, con la Guidance del 3 aprile 2020, successivamente aggiornata il 21 gennaio 2021, ha pubblicato i risultati di un’analisi sull’impatto della crisi da Covid-19 sull’applicazione delle Convenzioni in ambito tributario.

A seguito di questo documento l’Italia ha stipulato degli accordi con i Paesi limitrofi che segnaliamo nella successiva tabella.

Tabella n. 2 - accordi per i dipendenti in periodo Covid

Paese

Conclusione accordo

Ambito applicativo

Periodo svolgimento attività lavorativa

Austria

24/26 giugno 2020

Solo frontalieri

11 marzi 2020 - 30 giugno 2022

Francia

16/23 luglio 2020

Subordinati e frontalieri

12 marzo 2020 - 30 giugno 2022

Svizzera

18/19 giugno 2020

Subordinati e frontalieri

24 febbraio 2020 - 31 gennaio 2023

Va precisato che, per quanto concerne la Svizzera, l’Accordo risulta esteso al 30 giugno 2023 ma solamente per i lavoratori frontalieri rientranti nell’ambito dell’applicazione dell’Accordo e nei limiti del 40 per cento del tempo di lavoro. In tal senso, infatti, stabilisce l’art. 12 della Legge 13 giugno 2023, n. 83.

Sul punto, tuttavia, va segnalato che l’art. 24, comma 5-ter , del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito in Legge 10 agosto 2023 n. 112, ha previsto un’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2023 ai soli lavoratori frontalieri che, alla data del 31 marzo 2022, svolgevano la loro attività lavorativa in modalità di telelavoro.

Queste novità normative rendono superata l’interpretazione fornita con la Risposta ad interpello n. 171 del 26 gennaio 2023. Il par. 2.4.5 della seconda parte della circolare n. 25/E/2023 c0002023081800025 precisa, tuttavia, che sono fatti salvi i comportamenti adottati dai contribuenti, in conformità con il precedente quadro normativo e di prassi, nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2023 e il 30 giugno 2023.

Il principio contenuto in questi accordi è ben illustrato nella Risposta ad interpello n. 55 del 17 gennaio 2023 dove l’Agenzia ha chiarito che, ai fini dell’interpretazione dell’art. 15, par. 1 della Convenzione, in via eccezionale e provvisoria, i giorni di lavoro svolti a domicilio nello Stato di residenza del Contribuente a causa delle misure adottate per impedire la diffusione del Covid-19, alle dipendenze di un datore di lavoro situato nell’altro Stato contraente la Convenzione, devono essere considerati come giorni di lavoro svolti nello Stato in cui la persona avrebbe lavorato e ricevuto in corrispettivo il reddito di lavoro dipendente in assenza di tali misure.

Il caso proposto nella Risposta in oggetto era quello di un contribuente fiscalmente residente in Svizzera che in linea generale lavorava per un datore di lavoro svizzero a Milano. A seguito della pandemia lo stesso ha lavorato in smart working in Svizzera. Il regime fiscale di quel reddito di lavoro dipendente ante pandemia sarà soggetto ad una tassazione concorrente tra Italia (Paese in cui l’attività lavorativa viene svolta) e la Svizzera (Paese di residenza del contribuente).

L’accordo tra Italia e Svizzera è volto a sterilizzare la modifica organizzativa imposta dalla pandemia per cui, nonostante il dipendente lavori in Svizzera è come se lo stesso avesse operato a Milano.

Viene, quindi, confermata la tassazione concorrente tra i due Paesi. Da questo punto di vista l’Italia ne risulta avvantaggiata in quanto conserva su quel reddito la potestà impositiva che avrebbe, invece, perso secondo le regole generali.

La circolare, richiamando la Risposta ad interpello n. 99 del 19 gennaio 2023, precisa che:

  • gli accordi trovano applicazione esclusivamente con Austria, Francia e Svizzera;
  • gli accordi trovano applicazione in relazione a questi tre Paesi esclusivamente per i periodi di vigenza degli stessi riportati nella Tabella n. 2.

Riferimenti normativi:

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