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IVA

Senza rischio di danno erariale, l’IVA non dovuta non deve essere versata

di Marco Peirolo | 5 Gennaio 2023
Senza rischio di danno erariale, l’IVA non dovuta non deve essere versata

La Corte di giustizia UE, con la sentenza 8 dicembre 2022, causa C-378/21, ha affermato che un soggetto passivo, il quale abbia prestato un servizio indicando in fattura un importo a titolo di IVA calcolato sulla base di un’aliquota errata, non è debitore della parte dell’imposta erroneamente fatturata qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari del servizio sono esclusivamente consumatori finali, non legittimati all’esercizio della detrazione.

Descrizione del caso

Nell’anno 2019, una società austriaca che gestisce un parco giochi al coperto ha applicato l’aliquota IVA del 20% sulle proprie prestazioni rese esclusivamente a consumatori finali, non legittimati all’esercizio della detrazione.
Essendosi resa conto che l’aliquota applicabile alle predette prestazioni era non già del 20%, bensì del 13%, la società ha rettificato la dichiarazione IVA affinché l’eccedenza d’imposta le venisse accreditata dall’Amministrazione finanziaria.

Quest’ultima ha, però, negato la restituzione dell’imposta adducendo che, da un lato, ai sensi della normativa nazionale, la società è tenuta a versare la maggiore imposta a causa dell’omessa rettifica delle fatture e, dall’altro, che, poiché i clienti hanno sostenuto il costo della maggiore imposta indebitamente pagata, la rettifica richiesta comporterebbe un indebito arricchimento della società.

Il giudice ha deciso di sospendere il procedimento al fine di chiedere alla Corte europea se l’IVA sia dovuta dal fornitore, ai sensi dell’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE, qualora - come nel caso in esame - non vi possa essere alcun rischio di perdita di gettito fiscale, in quanto i destinatari delle prestazioni di servizi sono consumatori finali non legittimati alla detrazione.

In caso di risposta affermativa alla prima questione, alla Corte è stato chiesto:

  • se la rettifica delle fatture nei confronti dei destinatari delle prestazioni possa essere omessa, qualora, da un lato, sia escluso il rischio di perdita di gettito fiscale e, dall’altro, la rettifica delle fatture risulti di fatto impossibile;
  • se la rettifica dell’IVA sia preclusa dal fatto che i consumatori finali hanno sostenuto l’imposta con il pagamento del prezzo e il soggetto passivo trae un arricchimento dalla rettifica.

Orientamento della Corte

La norma oggetto di interpretazione è l’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui:

L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura.

Alla Corte è stato, quindi, chiesto se la stessa debba essere interpretata nel senso che un soggetto passivo il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato in fattura un importo dell’IVA calcolato sulla base di un’aliquota errata è debitore dell’imposta anche qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari del servizio sono esclusivamente consumatori finali non legittimati all’esercizio della detrazione.

La questione è stata esaminata dalla Corte alla luce dell’indicato presupposto, vale a dire quello dell’assenza di rischio di perdita di gettito fiscale.

Secondo l’elaborazione della giurisprudenza comunitaria, l’IVA indicata in fattura è dovuta dall’emittente anche in assenza di un’operazione imponibile, laddove l’obbligo previsto dalla norma di versare l’imposta, anche se non dovuta, mira ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dall’esercizio del diritto di detrazione.

Come, infatti, sottolineato dall’Avvocato generale presso la Corte di giustizia nelle conclusioni presentate l’8 settembre 2022, l’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE è pertanto destinato ad applicarsi nel caso in cui l’IVA sia stata erroneamente fatturata e vi sia un rischio di perdita di gettito fiscale a causa del fatto che il destinatario della fattura in questione può avvalersi del diritto alla detrazione di cui è titolare.

Tale disposizione si distingue, quindi, dall’art. 193 della stessa Direttiva n. 2006/112/CE, in quanto quest’ultima norma, in combinato disposto con l’art. 220, par. 1, riguarda l’ipotesi in cui il soggetto passivo abbia emesso una fattura con l’indicazione dell’importo corretto dell’IVA, che rimane dovuta dal soggetto passivo che effettua l’operazione nei confronti di un altro soggetto passivo.

Ad avviso della Corte, ne consegue che l’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE è destinato ad applicarsi solo ad un debito d’imposta che eccede quello dovuto nelle situazioni in cui si applica l’art. 193 della medesima Direttiva e, quindi, non riguarda le situazioni in cui l’IVA indicata nella fattura è corretta.

Laddove, invece, una parte dell’IVA addebitata è stata erroneamente fatturata, l’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE è destinato ad applicarsi solo all’importo dell’imposta eccedente a quella debitamente fatturata. Infatti, in quest’ultimo caso, vi è il rischio di perdita di gettito fiscale, in quanto il soggetto passivo destinatario della fattura potrebbe essere indotto ad esercitare il diritto alla detrazione senza che l’Amministrazione finanziaria sia in grado di stabilire se sono soddisfatte le relative condizioni.

Nel caso di specie, il giudice nazionale ha escluso l’esistenza di un siffatto rischio di perdita di gettito fiscale osservando che la clientela della società era costituita, nell’anno 2019, esclusivamente da consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte.

Si deve pertanto concludere che l’art. 203 della Direttiva n. 2006/112/CE non trova applicazione nella situazione in esame.

In conclusione, ha affermato la Corte, un soggetto passivo, il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato in fattura un importo a titolo di IVA calcolato sulla base di un’aliquota errata, non è debitore della parte dell’imposta erroneamente fatturata qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari del servizio sono esclusivamente consumatori finali, non legittimati all’esercizio della detrazione.

Riferimenti normativi:

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