D. Dottor Virgillito, è in corso il primo sciopero nazionale dei Commercialisti. Gli ISA sono stati la cosiddetta “goccia che ha fatto traboccare il vaso?”
R. Stiamo assistendo alla prima, effettiva, forma di astensione indetta da tutte le sigle sindacali, a rappresentare la protesta di una categoria vessata da inutili adempimenti, false semplificazioni e promesse disattese. Non a caso l’iniziativa ha trovato pieno accoglimento anche da parte del CNDCEC, che ha invitato tutti gli ordini locali ad aderire, ed il prezioso supporto del CN Forense, dei Garanti dei contribuenti e di numerose associazioni datoriali. Dalla risposta, inaccettabile, fornita dal Mef in Commissione Finanze alla Camera alle obiezioni mosse in merito alla vicenda ISA, emerge un ministero avulso dalla realtà, che sorvola sul mancato rispetto dello Statuto del Contribuente, e risponde all’allarme corale lanciato in questi mesi da professionisti e tecnici con un’irritante e generica apertura al dialogo da concretizzarsi con l’avvio di un ipotetico tavolo con gli operatori. Abbiamo avviato questa protesta non contro qualcuno, ma a difesa dell’equilibrio del sistema, per il rispetto dei diritti di tutti i contribuenti. Il problema degli Isa non è, come si legge nella risposta del Mef, la complessità - di cui peraltro nessuno si è lamentato - ma è la mancanza di attendibilità e affidabilità dei dati. Non revocheremo lo sciopero in presenza di un semplice tavolo di concertazione, quello che abbiamo chiesto è un provvedimento di urgenza. Se la nostra voce rimarrà inascoltata siamo pronti a indire nuovi scioperi. Nei fatti gli incidi di “affidabilità” si sono dimostrati “inaffidabili”, tutto ciò a ennesima riprova del fatto che gli stessi sono stati adottati in maniera prematura, violando palesemente i tempi dettati dallo Statuto dei diritti del contribuente; lo strumento statistico deve essere affinato, in quanto non garantisce quell’attendibilità di risultato che invece deve assicurare.
D. Il problema sono quindi gli ISA, o si tratta di uno dei problemi?
R. La questione è evidentemente ben più ampia. Si sono succeduti più governi, di ogni genere e colore, e appena si parla di fisco la prima parola utilizzata - e forse abusata - da parte dei nostri politici è “semplificazione”. Ebbene, di mancata semplificazione in mancata semplificazione – è proprio il caso di dirlo – oggi ci troviamo di fronte a una calendarizzazione delle scadenze capace di intasare gli studi professionali, anche i più strutturati, esclusivamente impegnandoli nella gestione degli adempimenti ordinari. Soprattutto i giovani professionisti, con piccoli studi e pochi collaboratori, si trovano dall’inizio dell’anno nella condizione di rincorrere le richieste del Fisco, con la diretta conseguenza di avere a disposizione decisamente meno tempo da sfruttare per dialogare con l’imprenditore, comprenderne i veri bisogni, ed aiutare le imprese ad affrontare questo difficile e complesso contesto macroeconomico. La consulenza ad alto valore aggiunto dovrebbe essere lo scopo principale della nostra attività, ma è stata ormai quasi completamente soppiantata dalle continue e pressanti richieste dell’Agenzia delle Entrate.
D. Nove mesi di quello che doveva essere lo strumento fiscale che guardava al futuro, la fattura elettronica. È stata semplificazione?
R. A seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica, l’Unione più volte ha invocato una vera e concreta semplificazione fiscale. Una sorta di scambio equo tra contribuente e fisco. Abbiamo accettato di buon grado la fatturazione elettronica, ma in cambio cosa abbiamo ottenuto? Ebbene, ad oggi, in termini di semplificazione, ben poco. Resistono il 770, la comunicazione trimestrale delle liquidazioni Iva, l’Intrastat, cui si è aggiunto l’esterometro, confermato nella sua folle scadenza mensile. Basterebbe visitare il sito dell’Agenzia delle Entrate nella sezione ‘scadenziario’ per capire come non si può, in alcun modo, parlare di semplificazione avvenuta, né tanto meno iniziata. Semplificazione che, in base alle primissime indiscrezioni sulla legge di Stabilità 2020, addirittura pare non rientrare più nemmeno negli obiettivi. La fattura elettronica è partita, ma intanto, da qui a fine anno, saremo costretti a reggere oltre cinquanta scadenze, tra versamenti imposte, invio dichiarazioni di vario genere, comunicazioni telematiche, adempimenti contabili eccetera. Uno tsunami a cui il legislatore non può non cercare di porre rimedio, ascoltando la voce dei giovani commercialisti.
D. Parliamo di “flat tax”. Quale potrebbe essere il futuro di questa novità annunciata, ed ora, alla luce dei recenti mutamenti dello scenario politico, in forse?
R. Vorrei sottolineare, innanzitutto, che da tempo si continua a parlare di Flat Tax, ma – ad oggi – non è stato fatto nulla. La cosiddetta flat tax per il 2019 ha esclusivamente comportato l’innalzamento dei limiti di fatturato entro cui un professionista o un imprenditore individuale possa considerarsi all’interno di quel sistema a forfait grazie al quale si può versare una imposta sostitutiva del 15%. Restiamo sorpresi, ma forse nemmeno troppo, da ciò che leggiamo in questi giorni, ovvero che il Governo attualmente in carica sia orientato a eliminare questo regime a forfait o comunque a rivederlo, quando, tra l’altro, era già previsto per il 2020 l’ulteriore innalzamento del limite fino al raggiungimento dei 100.000 Euro. Di conseguenza ci potremmo trovare a gestire un ennesimo dietrofront che ha del surreale. Di fatto i professionisti si sono già mossi per illustrare ai clienti cosa cambia e cosa cambierebbe con l’introduzione di un regime a forfait con il limite fissato a 100mila euro, ma fino all’approvazione della legge di Stabilità non si avrà certezza alcuna sul tema. Per questo risulta quanto mai arduo e difficile rispondere alla domanda su quali siano le aspettative dei giovani professionisti riguardo alla Flat Tax. In tema di lavoratori dipendenti alcuni parlano di una Dual Tax, da applicare in funzione di determinati scaglioni di reddito distinti sulla base di un coefficiente familiare. Altri ancora parlano di un completo abbandono della Flat Tax, sia per le persone fisiche che per imprese e professionisti. Ciò che ci auguriamo, da professionisti, è semplicemente la chiarezza e una chiarezza soprattutto legata alla tempistica. Pensare di arrivare vicini all’inizio del nuovo anno fiscale senza avere alcuna sicurezza riguardo ad eventuali conteggi e scelte da proporre ai clienti, non farebbe altro che mettere in difficoltà l’intero sistema.
D. Si parla anche di estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a carico dei forfetari. Nuove complicazioni o miglioramento del sistema?
R. Ritengo che i giovani professionisti sosterrebbero questa ipotesi, nonostante non sia di immediata comprensione per molti dei nostri clienti, in una ottica di semplificazione e chiarezza. Basti pensare che ora negli studi ci si trova costretti a contabilizzare sia documenti elettronici che cartacei, proprio per via dell’esclusione dei soggetti forfetari dall’obbligo. Una soluzione anche in tale ambito deve necessariamente essere volta alla semplificazione degli adempimenti e delle procedure interne di studio.
D. Più in generale, quali sono gli interventi auspicati a livello fiscale e quali le strade immaginate per far sì che i Commercialisti possano essere realmente considerati nella loro professionalità nella fase di formazione delle norme?
R. Per essere certi della buona riuscita di una riforma fiscale il legislatore non può e non dovrà prescindere da un confronto costante e organizzato con i dottori commercialisti. I rischi di un modus operandi che non muova in questa direzione sono enormi, e i contribuenti li hanno decisamente subiti in tutti questi anni. Viviamo un tempo sciagurato in cui il legislatore ha normato indipendentemente dalla nostra voce, anzi molto spesso contro le nostre stesse richieste. Senza considerare in alcun modo il fatto – voluto dal legislatore stesso – che i professionisti sono oggi il primo vero baluardo anti-evasione. Siamo noi che abbiamo i primi contatti con tutti o la stragrande maggioranza dei contribuenti, e che possiamo indirizzarli e consigliarli; siamo noi, paradossalmente, che svolgiamo la prima fase di controllo e – certamente – di comunicazione di tutti quei dati necessari poi al Fisco per operare. Siamo di fatto il vero anello di congiunzione tra il contribuente e il Fisco. Nonostante ciò – lo ribadiamo – negli anni il legislatore ha operato senza alcun modo tenere in considerazione questo fondamentale snodo, ma anzi costringendoci a lavorare sempre di più e decisamente peggio. Riuscire finalmente a legiferare dopo un confronto e un dialogo con i professionisti non è un auspicio, è - soprattutto per il Fisco stesso e indirettamente per tutti i contribuenti - una necessità.
D. In attesa delle future evoluzioni, ora occorre confrontarsi con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, tema del Convegno UGDCEC di quest’anno. Un’opportunità da cogliere, e secondo quali modalità?
R. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza offre certamente nuove opportunità per i giovani Commercialisti. Tuttavia, come sempre, dietro alle opportunità si nascondono anche nuove insidie e rischi professionali, che in alcuni casi possono essere anche rilevanti. Anche per questo l’aspetto dei compensi non deve essere trascurato. Con l’entrata in vigore della disciplina sull’obbligo di nomina degli ODC, circa 90mila imprese, alla luce dei nuovi requisiti, dovranno dotarsi degli organi di controllo anti-crisi. Ad oggi, seppur si tratti solo di stime, a nostro parere è piuttosto evidente intravedere una chance per i giovani Dottori Commercialisti. I soggetti ai quali si applica la procedura di allerta dovranno tenere in considerazione appositi indicatori di crisi la cui elaborazione è stata demandata al CNDCEC; su tali indici avremo opportunità di analisi e confronto nel corso dei lavori del congresso. I Dottori Commercialisti si troveranno ancora più a stretto contatto con la governance dell’impresa; si tratta di un’opportunità da cogliere per potenziare la propria professionalità, recuperando così parte delle competenze aziendalistiche, da sempre connaturate alla professione del Dottore Commercialista. Per affrontare la sfida dei nuovi organi di controllo serviranno nuove competenze; bisognerà, ad esempio, saper analizzare i dati di mercato, conoscere le banche dati e fare benchmark tra i vari competitor. Riteniamo però necessario, anche in considerazione dell’ampliamento della platea delle imprese coinvolte, introdurre meccanismi atti a graduare le responsabilità derivanti dall’incarico rispetto ai compensi percepiti, che dovranno essere “equi”.
Convegno UGDCEC, Virgillito: “Categoria vessata da inutili adempimenti, false semplificazioni e promesse disattese”
di Sandra Pennacini | 3 Ottobre 2019
Il vento è cambiato, e tutto fa sembrare che il limite di sopportazione dei Commercialisti sia stato abbondantemente raggiunto. Il Convegno Nazionale dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, in programma a Chieti nelle giornate del 3, 4 e 5 ottobre, è l’occasione per fare il punto con Daniele Virgillito, Presidente UGDCEC, sul sempre mutevole e convulso panorama fiscale nazionale, partendo dalla protesta di categoria in corso, scatenata alle problematiche generate dagli ISA, passando per osservazioni di più ampio respiro sulla semplificazione, obiettivo sempre promesso e mai mantenuto, fino a volgere lo sguardo a quelli che potrebbero essere i futuri sviluppi della fiscalità nazionale, in particolare per flat tax e fatturazione elettronica.
D. Dottor Virgillito, è in corso il primo sciopero nazionale dei Commercialisti. Gli ISA sono stati la cosiddetta “goccia che ha fatto traboccare il vaso?”
R. Stiamo assistendo alla prima, effettiva, forma di astensione indetta da tutte le sigle sindacali, a rappresentare la protesta di una categoria vessata da inutili adempimenti, false semplificazioni e promesse disattese. Non a caso l’iniziativa ha trovato pieno accoglimento anche da parte del CNDCEC, che ha invitato tutti gli ordini locali ad aderire, ed il prezioso supporto del CN Forense, dei Garanti dei contribuenti e di numerose associazioni datoriali. Dalla risposta, inaccettabile, fornita dal Mef in Commissione Finanze alla Camera alle obiezioni mosse in merito alla vicenda ISA, emerge un ministero avulso dalla realtà, che sorvola sul mancato rispetto dello Statuto del Contribuente, e risponde all’allarme corale lanciato in questi mesi da professionisti e tecnici con un’irritante e generica apertura al dialogo da concretizzarsi con l’avvio di un ipotetico tavolo con gli operatori. Abbiamo avviato questa protesta non contro qualcuno, ma a difesa dell’equilibrio del sistema, per il rispetto dei diritti di tutti i contribuenti. Il problema degli Isa non è, come si legge nella risposta del Mef, la complessità - di cui peraltro nessuno si è lamentato - ma è la mancanza di attendibilità e affidabilità dei dati. Non revocheremo lo sciopero in presenza di un semplice tavolo di concertazione, quello che abbiamo chiesto è un provvedimento di urgenza. Se la nostra voce rimarrà inascoltata siamo pronti a indire nuovi scioperi. Nei fatti gli incidi di “affidabilità” si sono dimostrati “inaffidabili”, tutto ciò a ennesima riprova del fatto che gli stessi sono stati adottati in maniera prematura, violando palesemente i tempi dettati dallo Statuto dei diritti del contribuente; lo strumento statistico deve essere affinato, in quanto non garantisce quell’attendibilità di risultato che invece deve assicurare.
D. Il problema sono quindi gli ISA, o si tratta di uno dei problemi?
R. La questione è evidentemente ben più ampia. Si sono succeduti più governi, di ogni genere e colore, e appena si parla di fisco la prima parola utilizzata - e forse abusata - da parte dei nostri politici è “semplificazione”. Ebbene, di mancata semplificazione in mancata semplificazione – è proprio il caso di dirlo – oggi ci troviamo di fronte a una calendarizzazione delle scadenze capace di intasare gli studi professionali, anche i più strutturati, esclusivamente impegnandoli nella gestione degli adempimenti ordinari. Soprattutto i giovani professionisti, con piccoli studi e pochi collaboratori, si trovano dall’inizio dell’anno nella condizione di rincorrere le richieste del Fisco, con la diretta conseguenza di avere a disposizione decisamente meno tempo da sfruttare per dialogare con l’imprenditore, comprenderne i veri bisogni, ed aiutare le imprese ad affrontare questo difficile e complesso contesto macroeconomico. La consulenza ad alto valore aggiunto dovrebbe essere lo scopo principale della nostra attività, ma è stata ormai quasi completamente soppiantata dalle continue e pressanti richieste dell’Agenzia delle Entrate.
D. Nove mesi di quello che doveva essere lo strumento fiscale che guardava al futuro, la fattura elettronica. È stata semplificazione?
R. A seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica, l’Unione più volte ha invocato una vera e concreta semplificazione fiscale. Una sorta di scambio equo tra contribuente e fisco. Abbiamo accettato di buon grado la fatturazione elettronica, ma in cambio cosa abbiamo ottenuto? Ebbene, ad oggi, in termini di semplificazione, ben poco. Resistono il 770, la comunicazione trimestrale delle liquidazioni Iva, l’Intrastat, cui si è aggiunto l’esterometro, confermato nella sua folle scadenza mensile. Basterebbe visitare il sito dell’Agenzia delle Entrate nella sezione ‘scadenziario’ per capire come non si può, in alcun modo, parlare di semplificazione avvenuta, né tanto meno iniziata. Semplificazione che, in base alle primissime indiscrezioni sulla legge di Stabilità 2020, addirittura pare non rientrare più nemmeno negli obiettivi. La fattura elettronica è partita, ma intanto, da qui a fine anno, saremo costretti a reggere oltre cinquanta scadenze, tra versamenti imposte, invio dichiarazioni di vario genere, comunicazioni telematiche, adempimenti contabili eccetera. Uno tsunami a cui il legislatore non può non cercare di porre rimedio, ascoltando la voce dei giovani commercialisti.
D. Parliamo di “flat tax”. Quale potrebbe essere il futuro di questa novità annunciata, ed ora, alla luce dei recenti mutamenti dello scenario politico, in forse?
R. Vorrei sottolineare, innanzitutto, che da tempo si continua a parlare di Flat Tax, ma – ad oggi – non è stato fatto nulla. La cosiddetta flat tax per il 2019 ha esclusivamente comportato l’innalzamento dei limiti di fatturato entro cui un professionista o un imprenditore individuale possa considerarsi all’interno di quel sistema a forfait grazie al quale si può versare una imposta sostitutiva del 15%. Restiamo sorpresi, ma forse nemmeno troppo, da ciò che leggiamo in questi giorni, ovvero che il Governo attualmente in carica sia orientato a eliminare questo regime a forfait o comunque a rivederlo, quando, tra l’altro, era già previsto per il 2020 l’ulteriore innalzamento del limite fino al raggiungimento dei 100.000 Euro. Di conseguenza ci potremmo trovare a gestire un ennesimo dietrofront che ha del surreale. Di fatto i professionisti si sono già mossi per illustrare ai clienti cosa cambia e cosa cambierebbe con l’introduzione di un regime a forfait con il limite fissato a 100mila euro, ma fino all’approvazione della legge di Stabilità non si avrà certezza alcuna sul tema. Per questo risulta quanto mai arduo e difficile rispondere alla domanda su quali siano le aspettative dei giovani professionisti riguardo alla Flat Tax. In tema di lavoratori dipendenti alcuni parlano di una Dual Tax, da applicare in funzione di determinati scaglioni di reddito distinti sulla base di un coefficiente familiare. Altri ancora parlano di un completo abbandono della Flat Tax, sia per le persone fisiche che per imprese e professionisti. Ciò che ci auguriamo, da professionisti, è semplicemente la chiarezza e una chiarezza soprattutto legata alla tempistica. Pensare di arrivare vicini all’inizio del nuovo anno fiscale senza avere alcuna sicurezza riguardo ad eventuali conteggi e scelte da proporre ai clienti, non farebbe altro che mettere in difficoltà l’intero sistema.
D. Si parla anche di estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a carico dei forfetari. Nuove complicazioni o miglioramento del sistema?
R. Ritengo che i giovani professionisti sosterrebbero questa ipotesi, nonostante non sia di immediata comprensione per molti dei nostri clienti, in una ottica di semplificazione e chiarezza. Basti pensare che ora negli studi ci si trova costretti a contabilizzare sia documenti elettronici che cartacei, proprio per via dell’esclusione dei soggetti forfetari dall’obbligo. Una soluzione anche in tale ambito deve necessariamente essere volta alla semplificazione degli adempimenti e delle procedure interne di studio.
D. Più in generale, quali sono gli interventi auspicati a livello fiscale e quali le strade immaginate per far sì che i Commercialisti possano essere realmente considerati nella loro professionalità nella fase di formazione delle norme?
R. Per essere certi della buona riuscita di una riforma fiscale il legislatore non può e non dovrà prescindere da un confronto costante e organizzato con i dottori commercialisti. I rischi di un modus operandi che non muova in questa direzione sono enormi, e i contribuenti li hanno decisamente subiti in tutti questi anni. Viviamo un tempo sciagurato in cui il legislatore ha normato indipendentemente dalla nostra voce, anzi molto spesso contro le nostre stesse richieste. Senza considerare in alcun modo il fatto – voluto dal legislatore stesso – che i professionisti sono oggi il primo vero baluardo anti-evasione. Siamo noi che abbiamo i primi contatti con tutti o la stragrande maggioranza dei contribuenti, e che possiamo indirizzarli e consigliarli; siamo noi, paradossalmente, che svolgiamo la prima fase di controllo e – certamente – di comunicazione di tutti quei dati necessari poi al Fisco per operare. Siamo di fatto il vero anello di congiunzione tra il contribuente e il Fisco. Nonostante ciò – lo ribadiamo – negli anni il legislatore ha operato senza alcun modo tenere in considerazione questo fondamentale snodo, ma anzi costringendoci a lavorare sempre di più e decisamente peggio. Riuscire finalmente a legiferare dopo un confronto e un dialogo con i professionisti non è un auspicio, è - soprattutto per il Fisco stesso e indirettamente per tutti i contribuenti - una necessità.
D. In attesa delle future evoluzioni, ora occorre confrontarsi con il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, tema del Convegno UGDCEC di quest’anno. Un’opportunità da cogliere, e secondo quali modalità?
R. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza offre certamente nuove opportunità per i giovani Commercialisti. Tuttavia, come sempre, dietro alle opportunità si nascondono anche nuove insidie e rischi professionali, che in alcuni casi possono essere anche rilevanti. Anche per questo l’aspetto dei compensi non deve essere trascurato. Con l’entrata in vigore della disciplina sull’obbligo di nomina degli ODC, circa 90mila imprese, alla luce dei nuovi requisiti, dovranno dotarsi degli organi di controllo anti-crisi. Ad oggi, seppur si tratti solo di stime, a nostro parere è piuttosto evidente intravedere una chance per i giovani Dottori Commercialisti. I soggetti ai quali si applica la procedura di allerta dovranno tenere in considerazione appositi indicatori di crisi la cui elaborazione è stata demandata al CNDCEC; su tali indici avremo opportunità di analisi e confronto nel corso dei lavori del congresso. I Dottori Commercialisti si troveranno ancora più a stretto contatto con la governance dell’impresa; si tratta di un’opportunità da cogliere per potenziare la propria professionalità, recuperando così parte delle competenze aziendalistiche, da sempre connaturate alla professione del Dottore Commercialista. Per affrontare la sfida dei nuovi organi di controllo serviranno nuove competenze; bisognerà, ad esempio, saper analizzare i dati di mercato, conoscere le banche dati e fare benchmark tra i vari competitor. Riteniamo però necessario, anche in considerazione dell’ampliamento della platea delle imprese coinvolte, introdurre meccanismi atti a graduare le responsabilità derivanti dall’incarico rispetto ai compensi percepiti, che dovranno essere “equi”.
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Che cosa ha scatenato la protesta dei Commercialisti?
Gli ISA, in quanto rappresentano una categoria vessata da inutili adempimenti, false semplificazioni e promesse disattese.
Chi ha supportato l'iniziativa di sciopero?
Il CNDCEC, il CN Forense, i Garanti dei contribuenti e numerose associazioni datoriali.
Qual è il problema principale degli ISA secondo i Commercialisti?
La mancanza di attendibilità e affidabilità dei dati, non la complessità.
Qual è la condizione degli studi professionali a causa delle scadenze fiscali?
Gli studi professionali sono intasati nelle gestione degli adempimenti ordinari, limitando il tempo per dialogare con l'imprenditore e fornire consulenza di valore aggiunto.
Cosa è stato ottenuto in cambio dell'introduzione della fatturazione elettronica?
Non è stata ottenuta una vera e concreta semplificazione fiscale, ma invece una maggior carico di scadenze e adempimenti.