Commento
PROFESSIONISTI

Commercialisti, il ruolo di interesse pubblico e la considerazione della categoria. Miani: “Che dalle parole si passi ai fatti”

di Sandra Pennacini | 25 Ottobre 2019
Commercialisti, il ruolo di interesse pubblico e la considerazione della categoria. Miani: “Che dalle parole si passi ai fatti”

L'intervento introduttivo del Presidente Massimo Miani al convegno nazionale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti, indetto per venerdì 25 e sabato 26 a Firenze, e interamente dedicato al tema della riforma della crisi d'impresa, è stato caratterizzato - oltre che dai saluti e dai ringraziamenti di rito - da due punti fondamentali: la necessaria evoluzione della professione e la mancanza nella dovuta attenzione da parte delle istituzioni, che pure della riforma hanno riconosciuto ai commercialisti di svolgere un ruolo primario e di interesse pubblico.

Premessa

Da sempre i Commercialisti affiancano il tessuto imprenditoriale e professionale nazionale; a essi, infatti, secondo le più recenti rilevazioni, si rivolge l’85% delle imprese e, anche nell’ottica della gestione della crisi d'impresa, tale vicinanza si è ulteriormente rafforzata con l’istituzione del “barometro sullo stato dell'economia”, strumento di rilevazione statistica della salute di aziende e professionisti, pensato e gestito dall'Ordine in collaborazione con il CENSIS.

Uno strumento importante che verrà mantenuto nel tempo e che contribuisce con le proprie risultanze a confermare quanto emerge dalle rilevazioni macroeconomiche: il Paese ristagna e in un simile panorama economico, tenuto anche conto della peculiarità nazionale che vede la presenza una miriade di micro imprese, la “gestione della crisi” sarà tutt’altro che semplice, per quanto costituisca un’occasione imperdibile per ribadire il ruolo consulenziale dei Commercialisti, da troppo tempo relegati a un ruolo dedicato in prevalenza agli adempimenti fiscali.

La categoria chiede alla politica che dalle parole si passi ai fatti

I convegni sono occasione importante di aggiornamento e confronto e, talora, anche di “passerella” di varie personalità. Mai come in occasione del convegno di Firenze, invece, gli intervenuti hanno concesso ai saluti formali il minor tempo possibile, per concentrarsi invece su interventi di contenuto che potrebbero sintetizzarsi nel riconoscimento dell’assoluta professionalità dei Commercialisti, dalla quale discende il ruolo basilare che viene loro assegnato nella gestione della crisi di impresa. Un ruolo, come ripetuto dai più, di “interesse pubblico”.

Parole che non possono che far piacere alla categoria e che hanno suscitato anche apprezzamenti da parte del Presidente Massimo Miani il quale, tuttavia, non ha mancato di rimarcare nel corso del proprio intervento che oggi, come forse mai prima d’ora, sia veramente giunto il momento che dalle “belle parole si passi ai fatti”.

L’intervento del Presidente, che ha suscitato grande apprezzamento negli astanti, ha sottolineato la grave disattenzione che la politica riserva alla categoria; politica che pare accorgersi dei professionisti solo nel momento in cui agli stessi vengono demandati ruoli che vengono unanimemente riconosciuti come di interesse pubblico, contemporaneamente dimenticando le tutele che a tali compiti dovrebbero corrispondere.

Non è concessa la dovuta attenzione all’opera dei Commercialisti e due recenti accadimenti ne sono l’esempio eclatante: alla presentazione dell’elaborazione dell’indagine statistica effettuata con il “barometro”, alcun soggetto politico era presente.

Non solo: ben più grave e attinente al tema è la circostanza che gli indicatori da utilizzarsi per la gestione della crisi di impresa, la cui definizione è stata demandata i Commercialisti, ma da approvarsi da parte del Ministero, siano stati inviati al Ministero stesso oltre un mese e mezzo fa e a tutt’oggi non siano stati approvati o ne siano state richieste modifiche. Si presumeva, infatti, che il convegno di Firenze avrebbe potuto essere svolto sulla base di indici ormai definiti e invece nella giornata dell’apertura è giunta comunicazione che gli stessi erano stati, nella stessa giornata, “portati all’attenzione dei soggetti competenti” (di conseguenza, dimenticati sino ad allora n.d.r.).

La gestione della crisi d’impresa

La riforma della crisi d’impresa è senza dubbio una grande opportunità; tuttavia, il Presidente Miani ha più volte rimarcato come costituisca anche fonte di grandi preoccupazioni, dovendo essere attuata in un momento storico di grande difficoltà per il tessuto economico, nonché fonte di forti perplessità su taluni aspetti.

“Se vogliamo cambiare il Paese, bisogna ascoltare davvero chi ne ha le competenze”, ha più volte ribadito Miani. A parere dei commercialisti, ad esempio, meglio sarebbe stato che la riforma avesse interessato, almeno nella fase iniziale, solo le grandi imprese, per quanto una rimodulazione delle soglie, suggerita proprio dai commercialisti, sia stata comunque accolta, lasciando fuori dal novero delle imprese obbligate un gran numero di soggetti minori.

Vi sono comunque tutt’ora aspetti la cui logica è difficile da comprendere, come la curiosa tempistica prevista per la nomina da effettuarsi entro il 16 dicembre, e preoccupazioni sostanziali in merito alle responsabilità.

Tra le proposte avanzate dai Commercialisti vi è quella di parametrare le soglie di responsabilità ai compensi e/o imporre l’assicurazione obbligatoria anche a carico degli amministratori societari, corresponsabili in solido con i sindaci, posto che troppo spesso tale solidarietà comporta che, di fatto, a pagare siano i professionisti per il tramite delle assicurazioni.

Non manca un richiamo a evitare che possa accadere con la riforma della crisi quanto accaduto in materia di fatturazione elettronica, che ha visto un fine nobile e assolutamente condivisibile (la lotta all’evasione) tradursi in maggiori costi e adempimenti, il tutto a carico di un sistema che già è in profonda sofferenza.

“Il Paese soffoca le imprese con la burocrazia”, ha proseguito Miani, ed è necessario evitare che la riforma venga a tradursi nel colpo fatale alle imprese.

Il Commercialista deve evolversi e aggregarsi

Il Commercialista, in particolar modo alla luce della riforma, dovrà riappropriarsi del suo ruolo di consulente d'impresa, divenendo il soggetto in grado di intercettare in tempo utile i sintomi del malessere dell’impresa e di trovare un’adeguata cura, affrontando questo ruolo adeguandosi in maniera dinamica alla realtà delle aziende.

Dovrà approcciare quindi la questione con il dovuto grado di flessibilità; flessibilità che tuttavia la categoria teme difficilmente potrà essere parimenti dimostrata dagli altri soggetti coinvolti, primi su tutti gli enti, quali Erario e INPS, rigidi per loro intrinseca natura.

Indubitabilmente, la riforma ha il pregio di rimettere al centro dell’attenzione il ruolo del controllo, dopo anni di mancata considerazione, ma l’attività da svolgersi non dovrà essere solo e puramente volta al controllo stesso.

Fondamentale, infatti, sarà la fase propedeutica: la prevenzione alla crisi.

La consulenza dovrà tornare a essere primariamente accentrata nell’accompagnare l'impresa e non più basata quasi esclusivamente sui meri adempimenti.

Necessariamente, la professione dovrà crescere in specializzazione e pensare di riuscire a stare al passo lavorando in studi “mono-persona”, o comunque di dimensione ridotte, sta diventando sempre più anacronistico. L’aggregazione è la strada del futuro, aggregazione che, come ricordato da Miani, non necessariamente deve passare dalla creazione di strutture “fisicamente” aggregate. Grazie alle moderne tecnologie, infatti, è possibile porre in essere aggregazioni senza che sia necessariamente obbligatorio operare nel medesimo luogo e l’invito è di approfittare appieno di ciò che l’evoluzione tecnica può rendere facilmente accessibile.

Aggregarsi, dunque, è una priorità, come dimostrerebbero anche le risultanze degli studi effettuati dall’Ordine in tal senso, basati sulle evidenze dei dati a disposizione della Cassa di Previdenza: il professionista che opera in strutture aggregate guadagna mediamente il doppio del professionista “singolo”.

Altro fronte da affrontare è quello della inspiegabile proliferazione degli Albi, i cui requisiti di accesso risultano talvolta del tutto arbitrari, con il rischio di vedere professionisti, di comprovata esperienza e indubitabili capacità, sprovvisti dei titoli di accesso.

“Il sistema ordinistico ha ancora molto da dare, e su questo bisogna farsi sentire”, ha concluso il Presidente, esortando la categoria a evolvere e cogliere l’opportunità di crescita professionale rappresentata dalla riforma della crisi di impresa, un’occasione utile anche a migliorare e diversificare competenze, specializzandosi sempre di più in settori in un certo senso nuovi o, per meglio dire, settori che per troppo tempo sono stati quasi abbandonati a causa dell’impegno profuso nel riuscire a sostenere le tempistiche imposte dagli adempimenti. Un monito da tenere a mente, anche perché profetiche suonano le parole di Miani: se non ci si farà trovare pronti, vi sarà immediatamente qualcun altro a seguire, pronto a colmare la lacuna.