D. Dottor Virgillito, con riferimento alla riforma dell’ordinamento professionale, quali sono gli aspetti oggetto di modifica condivisi dall'UNGDCEC?
R. Condividiamo la 'modalità aperta' di confronto avviata dal Consiglio Nazionale. D’altra parte le nostre proposte di modifica del D.Lgs. n. 139/2005 sono la sintesi della storia UNGDCEC, della partecipazione attiva dei nostri coordinatori regionali, dei 110 presidenti locali e di tantissimi unionisti.
D. Quali tra le proposte avanzate, a vostro avviso, risultano essere più controverse?
R. Tra gli aspetti più delicati riscontriamo il principio d’ineleggibilità oltre i due mandati, tra l’altro recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione, che ha dichiarato non condivisibile l’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale e confermata dal Ministero della Giustizia. L’Unione, a tal proposito, ha da sempre sostenuto che l’articolo 9, comma 9, ha validità, inequivocabilmente, tanto per la carica di presidente che per quella di consigliere, e propone che dovrà operare a prescindere dalla consecutività o meno. Valutiamo altresì come anacronistica la previsione di una pregiudiziale di 'presidenzialità' in base alla quale ci si può candidare a presidente del Consiglio Nazionale solo dopo aver ricoperto la carica di Presidente in un ordine territoriale. Riteniamo, invece, che sia sufficiente aver ricoperto l’incarico di consigliere nell’ambito di un ordine locale.
Per la nostra associazione è inoltre fondamentale che siano abbattute tutte le barriere collegate all’anzianità di iscrizione all’albo in modo da far coincidere l’elettorato passivo con quello attivo. Rispetto alle modifiche al sistema elettorale riteniamo che non debbano essere circoscritte solo agli Ordini, ma applicate anche alle elezioni del Consiglio Nazionale. L’Unione, sulla tutela delle minoranze, ha suggerito dei miglioramenti per evitare il rischio di 'ingovernabilità' e 'iniquità' nel caso di un numero di liste che partecipano alla competizione elettorale maggiore di due.
D. Ritenete che vi siano aspetti importanti che sono stati trascurati nella riforma in corso? In caso di risposta affermativa, quali?
R. I giovani, come sempre, sono chiamati a reggere il peso delle riforme, ma ciò nonostante siamo perfettamente consapevoli che ricercare nell’ambito del D.Lgs. n. 139/2005 spazio per 'riserve di legge' o 'esclusive' sia desiderabile, ma ingannevole. In alternativa abbiamo proposto l’inserimento di uno specifico articolo dedicato alla 'Tutela della professione', con lo scopo di introdurre il principio di certificazione - da parte degli Ordini locali - di competenze, qualità e diligenza degli iscritti. La certificazione, rilasciata 'per chiunque ne abbia interesse', ha lo scopo di marcare un solco tra coloro i quali appartengono all’Ordine e tutti quelli che svolgono, pur non essendone iscritti, alcune delle attività tipiche della nostra professione. L’auspicio è che la certificazione di regolarità (Ce.rego), emanata da un ente pubblico - l’Ordine territoriale -, metta in palese evidenza che la qualità e le garanzie delle prestazioni erogate da un iscritto all’albo non sono assimilabili a quelle svolte da un soggetto non iscritto. La certificazione ha, inoltre, lo scopo di incoraggiare l’amministrazione pubblica a restringere il campo prediligendo, a tutela dei terzi, gli iscritti all’albo per tutti quegli affidamenti che sempre più spesso la P.A. delega in outsourcing.
D. Tra gli aspetti di maggiore interesse della riforma troviamo la questione delle specializzazioni (articolo 39 bis). Il vostro commento sul punto?
R. A nostro avviso il raggiungimento del titolo di 'specialista' (art. 39 bis) deve essere limitato ai dottori commercialisti e non dovrà configurarsi come un adempimento, ma diventare un marchio di eccellenza. Nell’evoluzione di questo percorso bisognerà però scongiurare il rischio di alimentare ulteriori iscrizioni a registri o ad albi.
Da approfondire la previsione secondo cui può essere raggiunta la specializzazione, in caso di decennale iscrizione all’Albo e quinquennale comprovata esperienza negli specifici settori di specializzazione, perché non è coerente, a nostro parere, con la dinamicità della professione del Dottore Commercialista. Ipotizzare il riconoscimento di una specializzazione, in capo ad un iscritto all’albo da oltre 10 anni e con 5 anni di esperienza, se da un lato non si adatta ai casi di specializzazioni emergenti (che si fondano su normative in continuo cambiamento e su mutevoli esigenze di mercato), dall’altro potrebbe indurre a riconoscere come specializzazioni le competenze già 'di base' di un dottore commercialista e ciò equivarrebbe a svilire il concetto stesso di alta formazione.
È necessario pensare ad un sistema di riconoscimento del titolo di specialista che può basarsi anche sulla provata esperienza, indipendentemente però dall’anzianità di iscrizione all’albo e aperto, quindi, a forme alternative di riconoscimento come, ad esempio, prove d’esame ad hoc. La valorizzazione delle competenze deve essere incentrata, infatti, sulle capacità effettive e non semplicemente sull’anzianità di iscrizione.
D. Si discute anche in merito alla modifica delle regole di tirocinio e l'introduzione del capo V ter, Esercizio della professione in forma societaria e associata. Qual è la vostra opinione in merito?
R. L’Unione Giovani potrebbe concordare con l’ampliamento della durata del tirocinio professionale solo qualora tale previsione normativa fosse coordinata con l’accrescimento del periodo di tirocinio che è possibile svolgere nel corso del biennio magistrale. Diversamente si creerebbe un’inspiegabile barriera all’ingresso che non può in alcun modo essere da noi avallata, in considerazione del fatto che la riduzione del periodo di tirocinio è stata introdotta proprio al fine di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani. Inoltre, al tirocinante deve essere riconosciuto un rimborso spese sin dal primo mese di praticantato e deve essere eliminata la quarta prova, sostituendola con una inerente alle materie di revisione.
Il naturale inserimento, infine, nella riforma del D.Lgs. n. 139/2005 delle norme dedicate all’esercizio della professione in forma societaria e associata, rievoca ciò che l’Unione Giovani ha in più occasioni affermato e diffuso. L’attuale scenario e le regole imposte dal mercato, infatti, fanno sì che aggregazioni, network tra professionisti e competenze multidisciplinari rappresentino oggi forse l’unica concreta prospettiva per raggiungere un vantaggio competitivo, soprattutto per i giovani commercialisti, difendibile nel tempo. La disciplina delle STP è stata caratterizzata però da molte ombre che ne hanno resa difficile la proliferazione. L’inserimento di regole specifiche nel D.Lgs. n. 139/2005 potrebbe costituire un punto di partenza al fine di meglio chiarire le criticità legate, ad esempio, a responsabilità e multidisciplinarietà. La soluzione alla controversa normativa fiscale, inoltre, necessità ancora di altre analisi.
D. Nel complesso come giudicate la riforma così come proposta?
R. Indubbiamente permane nella bozza del testo di riforma una certa confusione di ruoli e di competenze. Nello stesso incipit che prelude, ad esempio, all’elencazione delle materie oggetto della professione, oggi vi è un’apparente assimilazione che deriva dal riconoscere indistintamente “competenze tecniche” tanto ai colleghi iscritti nella sezione “A” quanto agli iscritti alla sezione “B”.
È doveroso creare delle distinzioni, sottese nelle differenze tra i percorsi formativi, riconoscendo ai Dottori Commercialisti, 'competenze tecniche avanzate' mentre agli iscritti alla sezione B 'competenze tecniche di base'.
D. Per concludere, vi è le questione del riordino degli Ordini locali.
R. La complessità delle funzioni amministrative, sempre crescente in capo agli Ordini locali, impone la necessità di contemperare l’esigenza di rappresentatività e di vicinanza agli iscritti con criteri di efficienza ed economicità. La proposta avanzata dall’Ungdcec prevede che gli ordini, anche di piccole dimensioni, possano mantenere il ruolo di contatto con gli iscritti e le istituzioni, presumendo però che siano accentrati i servizi tecnico-amministrativi su base provinciale o regionale. È necessario, quindi, che vengano riparametrati i trasferimenti di risorse a favore degli Ordini e/o delle 'aggregazioni' che si fanno carico degli eventuali servizi svolti per conto degli Ordini al di sotto dei 200 iscritti. In questa direzione, la riduzione del numero complessivo dei consiglieri del CN a quindici e, infine, la revisione dell’entità dei meccanismi di trasferimento delle risorse che gli Ordini locali versano periodicamente al Consiglio Nazionale.
Riferimenti normativi:
Riforma Ordinamento Professionale: il parere dell’UNGDCEC
a cura di Sandra Pennacini | 3 Luglio 2018
È in corso il processo di riforma del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, che detta le regole dell’ordinamento professionale dei commercialisti. MySolution ha raccolto il parere di Daniele Virgillito, Presidente dell'Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e Esperti Contabili, sulle proposte di modifica avanzate. Domani mattina a Roma parte il confronto tra il Consiglio nazionale ed i presidenti degli Ordini territoriali, nel pomeriggio invece è previsto il dibattito con le varie associazioni e gli iscritti all'Albo.
D. Dottor Virgillito, con riferimento alla riforma dell’ordinamento professionale, quali sono gli aspetti oggetto di modifica condivisi dall'UNGDCEC?
R. Condividiamo la 'modalità aperta' di confronto avviata dal Consiglio Nazionale. D’altra parte le nostre proposte di modifica del D.Lgs. n. 139/2005 sono la sintesi della storia UNGDCEC, della partecipazione attiva dei nostri coordinatori regionali, dei 110 presidenti locali e di tantissimi unionisti.
D. Quali tra le proposte avanzate, a vostro avviso, risultano essere più controverse?
R. Tra gli aspetti più delicati riscontriamo il principio d’ineleggibilità oltre i due mandati, tra l’altro recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione, che ha dichiarato non condivisibile l’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale e confermata dal Ministero della Giustizia. L’Unione, a tal proposito, ha da sempre sostenuto che l’articolo 9, comma 9, ha validità, inequivocabilmente, tanto per la carica di presidente che per quella di consigliere, e propone che dovrà operare a prescindere dalla consecutività o meno. Valutiamo altresì come anacronistica la previsione di una pregiudiziale di 'presidenzialità' in base alla quale ci si può candidare a presidente del Consiglio Nazionale solo dopo aver ricoperto la carica di Presidente in un ordine territoriale. Riteniamo, invece, che sia sufficiente aver ricoperto l’incarico di consigliere nell’ambito di un ordine locale.
Per la nostra associazione è inoltre fondamentale che siano abbattute tutte le barriere collegate all’anzianità di iscrizione all’albo in modo da far coincidere l’elettorato passivo con quello attivo. Rispetto alle modifiche al sistema elettorale riteniamo che non debbano essere circoscritte solo agli Ordini, ma applicate anche alle elezioni del Consiglio Nazionale. L’Unione, sulla tutela delle minoranze, ha suggerito dei miglioramenti per evitare il rischio di 'ingovernabilità' e 'iniquità' nel caso di un numero di liste che partecipano alla competizione elettorale maggiore di due.
D. Ritenete che vi siano aspetti importanti che sono stati trascurati nella riforma in corso? In caso di risposta affermativa, quali?
R. I giovani, come sempre, sono chiamati a reggere il peso delle riforme, ma ciò nonostante siamo perfettamente consapevoli che ricercare nell’ambito del D.Lgs. n. 139/2005 spazio per 'riserve di legge' o 'esclusive' sia desiderabile, ma ingannevole. In alternativa abbiamo proposto l’inserimento di uno specifico articolo dedicato alla 'Tutela della professione', con lo scopo di introdurre il principio di certificazione - da parte degli Ordini locali - di competenze, qualità e diligenza degli iscritti. La certificazione, rilasciata 'per chiunque ne abbia interesse', ha lo scopo di marcare un solco tra coloro i quali appartengono all’Ordine e tutti quelli che svolgono, pur non essendone iscritti, alcune delle attività tipiche della nostra professione. L’auspicio è che la certificazione di regolarità (Ce.rego), emanata da un ente pubblico - l’Ordine territoriale -, metta in palese evidenza che la qualità e le garanzie delle prestazioni erogate da un iscritto all’albo non sono assimilabili a quelle svolte da un soggetto non iscritto. La certificazione ha, inoltre, lo scopo di incoraggiare l’amministrazione pubblica a restringere il campo prediligendo, a tutela dei terzi, gli iscritti all’albo per tutti quegli affidamenti che sempre più spesso la P.A. delega in outsourcing.
D. Tra gli aspetti di maggiore interesse della riforma troviamo la questione delle specializzazioni (articolo 39 bis). Il vostro commento sul punto?
R. A nostro avviso il raggiungimento del titolo di 'specialista' (art. 39 bis) deve essere limitato ai dottori commercialisti e non dovrà configurarsi come un adempimento, ma diventare un marchio di eccellenza. Nell’evoluzione di questo percorso bisognerà però scongiurare il rischio di alimentare ulteriori iscrizioni a registri o ad albi.
Da approfondire la previsione secondo cui può essere raggiunta la specializzazione, in caso di decennale iscrizione all’Albo e quinquennale comprovata esperienza negli specifici settori di specializzazione, perché non è coerente, a nostro parere, con la dinamicità della professione del Dottore Commercialista. Ipotizzare il riconoscimento di una specializzazione, in capo ad un iscritto all’albo da oltre 10 anni e con 5 anni di esperienza, se da un lato non si adatta ai casi di specializzazioni emergenti (che si fondano su normative in continuo cambiamento e su mutevoli esigenze di mercato), dall’altro potrebbe indurre a riconoscere come specializzazioni le competenze già 'di base' di un dottore commercialista e ciò equivarrebbe a svilire il concetto stesso di alta formazione.
È necessario pensare ad un sistema di riconoscimento del titolo di specialista che può basarsi anche sulla provata esperienza, indipendentemente però dall’anzianità di iscrizione all’albo e aperto, quindi, a forme alternative di riconoscimento come, ad esempio, prove d’esame ad hoc. La valorizzazione delle competenze deve essere incentrata, infatti, sulle capacità effettive e non semplicemente sull’anzianità di iscrizione.
D. Si discute anche in merito alla modifica delle regole di tirocinio e l'introduzione del capo V ter, Esercizio della professione in forma societaria e associata. Qual è la vostra opinione in merito?
R. L’Unione Giovani potrebbe concordare con l’ampliamento della durata del tirocinio professionale solo qualora tale previsione normativa fosse coordinata con l’accrescimento del periodo di tirocinio che è possibile svolgere nel corso del biennio magistrale. Diversamente si creerebbe un’inspiegabile barriera all’ingresso che non può in alcun modo essere da noi avallata, in considerazione del fatto che la riduzione del periodo di tirocinio è stata introdotta proprio al fine di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani. Inoltre, al tirocinante deve essere riconosciuto un rimborso spese sin dal primo mese di praticantato e deve essere eliminata la quarta prova, sostituendola con una inerente alle materie di revisione.
Il naturale inserimento, infine, nella riforma del D.Lgs. n. 139/2005 delle norme dedicate all’esercizio della professione in forma societaria e associata, rievoca ciò che l’Unione Giovani ha in più occasioni affermato e diffuso. L’attuale scenario e le regole imposte dal mercato, infatti, fanno sì che aggregazioni, network tra professionisti e competenze multidisciplinari rappresentino oggi forse l’unica concreta prospettiva per raggiungere un vantaggio competitivo, soprattutto per i giovani commercialisti, difendibile nel tempo. La disciplina delle STP è stata caratterizzata però da molte ombre che ne hanno resa difficile la proliferazione. L’inserimento di regole specifiche nel D.Lgs. n. 139/2005 potrebbe costituire un punto di partenza al fine di meglio chiarire le criticità legate, ad esempio, a responsabilità e multidisciplinarietà. La soluzione alla controversa normativa fiscale, inoltre, necessità ancora di altre analisi.
D. Nel complesso come giudicate la riforma così come proposta?
R. Indubbiamente permane nella bozza del testo di riforma una certa confusione di ruoli e di competenze. Nello stesso incipit che prelude, ad esempio, all’elencazione delle materie oggetto della professione, oggi vi è un’apparente assimilazione che deriva dal riconoscere indistintamente “competenze tecniche” tanto ai colleghi iscritti nella sezione “A” quanto agli iscritti alla sezione “B”.
È doveroso creare delle distinzioni, sottese nelle differenze tra i percorsi formativi, riconoscendo ai Dottori Commercialisti, 'competenze tecniche avanzate' mentre agli iscritti alla sezione B 'competenze tecniche di base'.
D. Per concludere, vi è le questione del riordino degli Ordini locali.
R. La complessità delle funzioni amministrative, sempre crescente in capo agli Ordini locali, impone la necessità di contemperare l’esigenza di rappresentatività e di vicinanza agli iscritti con criteri di efficienza ed economicità. La proposta avanzata dall’Ungdcec prevede che gli ordini, anche di piccole dimensioni, possano mantenere il ruolo di contatto con gli iscritti e le istituzioni, presumendo però che siano accentrati i servizi tecnico-amministrativi su base provinciale o regionale. È necessario, quindi, che vengano riparametrati i trasferimenti di risorse a favore degli Ordini e/o delle 'aggregazioni' che si fanno carico degli eventuali servizi svolti per conto degli Ordini al di sotto dei 200 iscritti. In questa direzione, la riduzione del numero complessivo dei consiglieri del CN a quindici e, infine, la revisione dell’entità dei meccanismi di trasferimento delle risorse che gli Ordini locali versano periodicamente al Consiglio Nazionale.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Ordinamento professionale
Quali sono gli aspetti oggetto di modifica condivisi dall'UNGDCEC con riferimento alla riforma dell'ordinamento professionale?
Condividiamo la 'modalità aperta' di confronto avviata dal Consiglio Nazionale. D’altra parte le nostre proposte di modifica del D.Lgs. n. 139/2005 sono la sintesi della storia UNGDCEC, della partecipazione attiva dei nostri coordinatori regionali, dei 110 presidenti locali e di tantissimi unionisti.
Quali tra le proposte avanzate risultano essere più controverse?
Tra gli aspetti più delicati riscontriamo il principio d’ineleggibilità oltre i due mandati, tra l’altro recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione, che ha dichiarato non condivisibile l’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale e confermata dal Ministero della Giustizia.
Ritenete che vi siano aspetti importanti che sono stati trascurati nella riforma in corso? In caso di risposta affermativa, quali?
I giovani, come sempre, sono chiamati a reggere il peso delle riforme, ma ciò nonostante siamo perfettamente consapevoli che ricercare nell’ambito del D.Lgs. n. 139/2005 spazio per 'riserve di legge' o 'esclusive' sia desiderabile, ma ingannevole.
Tra gli aspetti di maggiore interesse della riforma troviamo la questione delle specializzazioni (articolo 39 bis). Il vostro commento sul punto?
A nostro avviso il raggiungimento del titolo di 'specialista' (art. 39 bis) deve essere limitato ai dottori commercialisti e non dovrà configurarsi come un adempimento, ma diventare un marchio di eccellenza.
Si discute anche in merito alla modifica delle regole di tirocinio e l'introduzione del capo V ter, Esercizio della professione in forma societaria e associata. Qual è la vostra opinione in merito?
L’Unione Giovani potrebbe concordare con l’ampliamento della durata del tirocinio professionale solo qualora tale previsione normativa fosse coordinata con l’accrescimento del periodo di tirocinio che è possibile svolgere nel corso del biennio magistrale.
Nel complesso come giudicate la riforma così come proposta?
Indubbiamente permane nella bozza del testo di riforma una certa confusione di ruoli e di competenze.
Per concludere, vi è le questione del riordino degli Ordini locali.
La complessità delle funzioni amministrative, sempre crescente in capo agli Ordini locali, impone la necessità di contemperare l’esigenza di rappresentatività e di vicinanza agli iscritti con criteri di efficienza ed economicità.